Quando Napoli è troppo lontana
Il mio servizio è per il Signore. Non posso servire il mondo come soldato, sono cristiano. Così Massimiliano di Tebessa rispose al proconsole Dione che gli chiedeva di arruolarsi: la sua resistenza gli costò la vita. Il 12 marzo, la Chiesa fa memoria del martirio del giovane che è diventato protettore degli obiettori di coscienza e in questa data, il TESC, tavolo ecclesiale sul servizio civile, organizza un incontro nazionale dei giovani impegnati in tale servizio. Non è sempre facile organizzare un piccolo viaggio conciliando gli impegni di tutti e allora, se la sede proposta quest’anno, Scampia, non è raggiungibile, perché non trovare un luogo più vicino in cui potersi incontrare e confrontare? Il luogo: il monastero del Cerreto. Così giovani e responsabili del servizio civile delle due diocesi si sono ritrovati al Cerreto per fare il punto della situazione, insieme ad una Sorella carmelitana invitata a partecipare attivamente all’incontro. C’è chi per amore del popolo perde la sua vita e diviene testimone della Verità, come lo è stato San Massimiliano. Si ama ciò che si conosce: amare il popolo, amare le comunità parrocchiali nelle quali viviamo, comporta vivere relazioni intense, libere, edificanti, con tutte le fragilità che sperimentiamo e che diventano “luogo” di scoperta, di crescita per tutti e per ciascuno. Vuol dire saper osservare, a volte accorgersi “dell’invisibile” e sentirsi interpellati. Il punto di partenza, quindi, è la reciproca conoscenza e la conoscenza dei nostri territori per una più consapevole collaborazione, ad “intra” e ad “extra”. Lo scambio di esperienze ha messo in evidenza la saggezza dei giovani coinvolti nel servizio: i ragazzi hanno verificato la forza effusiva del bene offerto e la caduta dei pregiudizi nei confronti delle povertà con cui entrano in contatto. I più adulti tendono ad impostare il confronto sui problemi da risolvere, mentre la realtà giovanile ben motivata, si lascia stupire dalle relazioni nelle quali affiorano in modo più o meno evidente i disagi materiali e psicologici di chi si rivolge a loro. Verificare che i ragazzi accolgono la sfida per migliorare il proprio servizio, per essere creativi e fiduciosi sul campo nel quale sono chiamati ad operare, è incoraggiante. Il bene è contagioso: aver cura rispettosa di chi è nel bisogno è un’esperienza che cambia la vita e porta spontaneamente i giovani a condividere questa realtà con familiari e coetanei. L’incomprensione, la non corrispondenza che talora riscontrano, non mortifica il loro servizio, piuttosto stimola la ricerca personale e alimenta il desiderio di vivere l’opportunità: quella di maturare scelte di pace e giustizia, di umanizzazione e solidarietà, in ogni situazione che la vita presenta. Anche chi è impegnato da tempo nel servizio e nell’educare e accompagnare i ragazzi, riconosce facilmente che l’intreccio delle nostre povertà sostiene un cammino umile alla presenza di Dio, al quale tutto viene affidato con fede. Certamente, si è affrontato anche il fallimento di alcuni percorsi, come anche le difficoltà logistiche per un servizio agevole, la pazienza di accompagnare un cambiamento di mentalità, le paure che rallentano il passo: ma ciò che nel confronto ha prevalso è la speranza e la gioia di poter fare qualcosa insieme, di potersi mettere alla scuola di Cristo per imitarlo nella sua misericordiosa attenzione verso il prossimo. Insieme è sempre una parola chiave. È straordinario per tutti, giovani e meno giovani, riconoscere che in questa esperienza si respira la circolarità di un dono reciproco, nel quale si impara non solo ad affiancarsi all’altro, ma ad entrare in empatia: si impara a vivere una carità operosa che porterà frutto a suo tempo. La necessità di prendersi cura dell’altro restituendogli dignità, è urgente e richiede la capacità di sapersi mettere in discussione, di mettere in gioco sé stessi interamente: ogni stato di vita ha la sua specifica missione nella quale far traboccare e rendere visibile che Dio è amore. Nel pensare passi concreti per l’immediato futuro si è creato subito accordo nel puntare sulla realtà giovanile per rinnovare lo stile del servizio e su incontri di formazione che possano essere programmati con regolarità presso il Cerreto: come apertura e chiusura del percorso formativo ed esperienziale, come sostegno sulla responsabilità dell’impegno e una verifica al suo termine. L’incontro di esperienze diverse, tutte impegnate nello stesso territorio, è sempre importante. Nel nostro caso, diventa anche una ulteriore possibilità di dialogo tra le due diocesi, interpellate sulla comunione di intenti e fattiva, sulla testimonianza di una carità che supera i confini.