Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello

Che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,10)

1. Che cosa dobbiamo fare? È una domanda che le folle, i pubblicani e i soldati pongono a Giovanni il Battista: hanno bisogno di luce, di orientamento. Dopo che si è scoperto il Dio vivente, il Dio di Gesù Cristo, diventa impellente il desiderio di piacergli, di orientare la nostra vita secondo la sua volontà. Che cosa dobbiamo fare? Giovanni il Battista non ha che una parola semplice, un’esortazione appassionata di cui indica alle folle il comportamento consequenziale: convertirsi! E dunque: diventare generosi, aperti alla condivisione; questo è il nocciolo dello stile di vita degli amici di Dio e dei discepoli di Gesù. ‘Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto’ (v. 11). ‘Qui- ci ha detto il Santo Padre all’Angelus di oggi – possiamo vedere un criterio di giustizia, animato dalla carità. La giustizia chiede di superare lo squilibrio tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario; la carità spinge ad essere attento all’altro e ad andare incontro al suo bisogno, invece di trovare giustificazioni per difendere i propri interessi. Giustizia e carità non si oppongono, ma sono entrambe necessarie e si completano a vicenda’(Benedetto XVI, Angelus del 16/12/2012). Alle due categorie di persone specificate, pubblicani e soldati, precisa: ai primi, i pubblicani: siate persone oneste nel vostro lavoro; ai secondi, i soldati: non siate prepotenti ed accontentatevi del vostro salario. E’ un breve profilo del buon cristiano, della persona onesta di colui di cui abbiamo smesso forse di parlare, preferendo ritratti più raffinati e talmente intellettuali che non sappiamo più nemmeno, a volte, di chi stiamo parlando quando si parla del cristiano!
 
Il buon cristiano! Uomo della generosità e della condivisione; dell’onestà e della laboriosità; della mitezza e della non pretenziosità.
 
2. Oggi è la domenica dell’Avvento che la tradizione liturgica chiama ‘della gioia’, Gaudete! E S.Paolo ci invita a rallegrarci nel Signore sempre. Un buon cristiano irradia gioia, bonifica il mondo e gli ambienti di vita; è antidoto sicuro per quella insensibilità all’amore reciproco e alla solidarietà che a volte allaga la società; se dalle conseguenze dell’alluvione tremenda Albinia sta uscendo grazie alla forza dell’amore e della solidarietà, dobbiamo chiederci se la società sarà capace di uscire con altrettanta risolutezza e coraggio, con altrettanto vigore di carità, dall’alluvione dell’indifferenza e dell’egoismo che la inonda.
3. Carissimi Emilio e Roberto, illuminati da queste parole del Signore e istruiti dagli eventi tragici che vi hanno visto protagonisti seppur in modi diversi, tra poco sarete consacrati diaconi per questa Nostra Chiesa di Pitigliano – Sovana – Orbetello; la vostra vita si apre ancor di più al dono e si allargano ulteriormente gli spazi della carità nell’intimo delle vostre coscienze. Sicuramente molte volte dal vostro cuore salirà la domanda ‘che cosa dobbiamo fare?’. Da queste parole di Dio troverete costantemente ispirazione e orientamento: conversione permanente è la legge fondamentale e quindi passare costantemente dall’egoismo all’amore, dal trattenersi al donarsi, dal farsi servire al servizio; in una parola, lo ripeto, diventare buoni cristiani! E aiutare tutti noi a diventarlo in forza del vostro essere consacrati al servizio. Mi piace ricordare a voi ordinandi e a noi tutti un’antica preghiera di un Anonimo fiammingo del XIV secolo, molto conosciuta, ma sempre bella e incisiva:
Cristo non ha più le mani
ha soltanto le nostre mani
per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha più piedi
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini sui suoi sentieri.
Cristo non ha più voce
ha soltanto la nostra voce
per raccontare di sé agli uomini di oggi.
Cristo non ha più forze
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre gli uomini a sé.
Noi siamo l’unica Bibbia
che i popoli leggono ancora;
siamo l’unico messaggio di Dio
scritto in opere e parole.
 
Questo è accaduto ad Albinia e in vaste zone della Nostra Maremma: quante persone hanno visto Cristo nel momento del bisogno attraverso ‘i tanti cristi’ che hanno reso disponibili a Lui le loro mani, il loro cuore! Il servizio non è compito d’emergenza, non è il 118 della carità! E’ la normalità del vivere del buon cristiano. A voi carissimi ordinandi questo stile è consegnato solennemente. I diaconi permanenti non sono dei chierichetti cresciuti. Tu Roberto sei alla guida della Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia e per questo sei orgoglio della nostra Chiesa locale; tu Emilio, con il tuo grado di Generale, provieni dalle file della Benemerita Arma dei Carabinieri, sempre distintasi nella vicinanza al nostro popolo italiano nei momenti più critici e oggi sei volontario della Misericordia. Entrambe siete appartenenti a realtà votate al servizio, che hanno il servizio nel loro DNA. Ora la storia continua per voi sui sentieri della consacrazione diaconale al servizio degli ultimi, al servizio del Vangelo; affiancati dalla presenza incoraggiante e tutta femminile delle vostre mogli che hanno accettato con grande generosità di condividere con voi questa vostra nuova condizione nella Chiesa di Dio.
4 Il Natale del Signore è alle porte, il buon cristiano affretta la venuta del Salvatore con l’esercizio della carità e lo rende presente nel mondo. Generosi, operosi, onesti e miti! La missione del diacono permanente è un grande dono del Pastore della Messe e ci aiuta tutti a costruire una Chiesa servizievole e misericordiosa, aperta e generosa, mite e accogliente. Maria Santissima ‘serva del Signore’ qui invocata sotto il bel titolo di ‘Madonna delle Grazie’ vi sostenga con la sua materna protezione. Così sia.