1.Nell’Oriente cristiano la Festa che abbiamo iniziato a celebrare con questa Eucaristia è chiamata ‘l’Incontro’: nel suo Tempio santo il Messia, il Cristo viene e incontra il popolo che lo aspettava: Simeone e Anna non solo personificano tutta la grande schiera di coloro che attendono la consolazione e la redenzione di Israele ma pure simboleggiano l’uomo di ogni epoca che nel profondo del suo cuore attende la liberazione dal male e dalla inautenticità. Sono affascinanti queste due figure: Simeone uomo giusto e pio, uomo pieno di Spirito Santo e Anna, profetessa figlia di Fanuèle, della tribù di Aser, vedova e molto avanzata in età, aveva ottantaquattro anni, non si allontanava mai dal Tempio per servire giorno e notte il Signore con digiuni e preghiere. I loro occhi erano puliti, la loro fede limpida e semplice, il loro cuore allenato all’attesa: adesso incontrano e accolgono il Signore. Finalmente si placa quel desiderio profondo che pervade ogni uomo: incontrare Lui.
2.Incontrare Lui è incontrare la nostra verità, perché a sua immagine siamo stati fatti, Lui è il nostro destino perché è la nostra forma originaria. Parlando dell’evangelizzazione il Santo Padre Francesco afferma con vigore ‘Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscono: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,23). A volte perdiamo l’entusiasmo per la missione dimenticando che il Vangelo risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone: l’amicizia con Gesù e l’amore fraterno. Quando si riesce ad esprimere adeguatamente e con bellezza il contenuto essenziale del Vangelo, sicuramente quel messaggio risponderà alle domande più profonde dei cuori: «Il missionario è convinto che esiste già nei singoli e nei popoli, per l’azione dello Spirito, un’attesa anche se inconscia di conoscere la verità su Dio, sull’uomo, sulla via che porta alla liberazione dal peccato e dalla morte. L’entusiasmo nell’annunziare il Cristo deriva dalla convinzione di rispondere a tale attesa» (Giovanni Paolo II, Lett.enc. Redemptoris missio, 45). L’entusiasmo nell’ evangelizzazione si fonda su questa convinzione. Abbiamo a disposizione un tesoro di vita e di amore che non può ingannare, il messaggio che non può manipolare né illudere. È una risposta che scende nel più profondo dell’essere umano e che può sostenerlo ed elevarlo. È la verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare. La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore’ (Francesco, Evangelii Gaudium 265).
3. Ed è affascinante riflettere che è grazie a Maria e Giuseppe che il bambino è portato a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Sempre abbiamo bisogno di mediazioni nell’incontro con Cristo! La Chiesa è la comunità che media questo incontro, nella comunità cristiana posso incontrare Gesù. Nel tempio nuovo fatto di pietre vive mi aspetta Gesù. Senza mediazioni la fede non passa. Quanto importante il ruolo di coloro che da credenti fanno brillare la bellezza del più bello dei figli dell’uomo: i testimoni del vangelo! Sono i testimoni che ci portano nel cuore della comunità e fanno incontrare Gesù a coloro che bruciano dentro del desiderio di essere sanati e salvati, che sono riarsi da una sete di redenzione e da un bisogno di consolazione che solo un Dio fattosi uomo può dare. Ogni cristiano è chiamato a questo compito formidabile ed entusiasmante, certo i consacrati lo sono ad un titolo e per un dono ulteriore. Ai religiosi e alle religiose diciamo: aiutateci ad incontrare Cristo, come Maria e Giuseppe fatelo entrare nel suo tempio santo che è la nostra coscienza, fatecelo vedere con la bellezza e la serenità della vostra vita luminosa di fede, calda di amore e verdeggiante di speranza!
4. A volte molti oggi si chiedono: la vita consacrata avrà un futuro? La residualità dei numeri, la diminuzione delle opere, le fatiche dei passaggi, fanno pensare; ma credo che forse dovremmo più speranzosamente chiederci quali sono i segni di futuro già presenti nella vita consacrata: la vita consacrata non tramonterà mai, di certo si trasformerà nelle sue edizioni storiche: l’essenziale è che non tradisca la sua ragion d’esserci: essere ‘un vero segno di Cristo nel mondo‘ il loro stile di vita deve far trasparire l’ideale che professano, proponendosi come segno vivente di Dio e come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo. Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, spesso così secolarizzata e tuttavia sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere visibile la sua presenza nella vita quotidiana. Un contributo significativo in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle persone consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una concreta testimonianza della loro appartenenza a Cristo’ (Giovanni Paolo II Vita Consecrata 25). Parlando ai Superiori generali nel novembre 2013 il Santo Padre ha sottolineato come la priorità della vita consacrata è ‘la profezia del Regno, che non è negoziabile’ e che ‘l’accento deve cadere nell’essere profeti, e non nel giocare ad esserlo’i religiosi e le religiose sono uomini e donne che illuminano il futuro’. E come essere profeti? Vivendo in pienezza il proprio carisma: ‘il carisma resta, è forte, l’opera passa’.
5. Mentre ci prepariamo a vivere come Chiesa universale e diocesana l‘Anno della Vita Consacrata indetto da Papa Francesco nel 2015 a 50 anni dal Decreto conciliare sulla vita religiosa Perfectae caritatis vorrei offrire stasera ai nostri religiosi e religiose questa consegna: siate promotori e facilitatori dell’incontro essenziale per la vita di ogni uomo: l’incontro con Cristo. Imitando Maria e Giuseppe portate con la vostra vita cristiforme Gesù nel tempio del cuore di tutti coloro che lo aspettano anche senza saperlo, la vostra testimonianza gioiosa e semplice promuova questa ‘cultura dell’incontro’ siate davvero uomini e donne che ‘illuminano il futuro'(Papa Francesco).