1.Un trittico affascinante che ci propone il senso profondo del meraviglioso cammino della vita: così potremmo definire le tre pagine della Sacra Scrittura che oggi, festa di tutti i Santi, la liturgia della Chiesa ci propone.
2.La prima tavola la troviamo nella pagina dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo, presenta il punto di partenza della vita cristiana: riscoprire la consapevolezza che siamo realmente figli di Dio grazie al Battesimo; è la nostra identità donata, l’uomo nuovo che siamo diventati grazie alla nostra incorporazione a Cristo! La vita cristiana parte da qui: prendere coscienza della nostra identità vera: siamo figli di Dio! Uomini nuovi che costruiscono un nuovo umanesimo. Una nuova ideologia va diffondendosi, c’è una nuova galassia di movimenti culturali e politici che si definiscono trans-umanisti o post-umanisti, il loro obiettivo è superare per via tecnologica la condizione umana finora conosciuta e passare ad una inedita condizione vitale liberata da vincoli biologici, potenziata nelle sue capacità cognitive, vittoriosa sulla malattia, sull’invecchiamento e persino sulla morte. Appare all’orizzonte un “oltre l’uomo” che in ultima analisi altro non è che un goffo tentativo di essere quantitativamente di più quello che già siamo. E’ la sfida del tansumanesimo. Non così il santo cristiano, che non è né eroe né transumano, solo qualitativamente diverso: divinizzato. Chi vive la santità ricevuta in dono nel battesimo è il santo, pienezza dell’umano e costruttore di nuovo umanesimo autentico. “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, sarà, peraltro, il tema del V Convegno ecclesiale nazionale che si celebrerà a Firenze nel novembre del 2015.
3. La seconda tavola: il punto di arrivo, la meta, il traguardo della vita: la città del cielo, la Gerusalemme celeste: la città di coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. Tutti là siamo diretti, tutti attesi. Per diventare moltitudine immensa che nessuno potrà contare.
4. La terza tavola: la via per giungervi: ascoltare e vivere la Parola. Le Beatitudini sono il cuore del Discorso della Montagna, la sua perla preziosa; costituiscono l’autoritratto più riuscito di Gesù e del cristiano; la via da seguire per giungere alla meta è diventare uomini e donne delle Beatitudini, uomini e donne della Parola. I Santi sono coloro che hanno vissuto veramente la Parola di Dio, sono coloro che si sono lasciati plasmare dalla Parola di Dio, attraverso l’ascolto, la lettura e la meditazione assidua. Forse ci è necessario riscoprire che i santi non sono solo potenti intercessori e amici sicuri, ma anche modelli da imitare. Spesso Gesù è stato più ammirato che imitato e spesso anche molti santi e sante; occorre un salto di qualità; riporto le parole di un grande pensatore danese: “Che differenza c’è fra un ammiratore e un imitatore? Un imitatore è ossia aspira a essere ciò ch’egli ammira; un ammiratore invece rimane personalmente fuori: in modo conscio o inconscio egli evita di vedere che quell’oggetto contiene nei suoi riguardi l’esigenza d’essere o almeno d’aspirare a essere ciò ch’egli ammira» (S. Kierkegaard, Esercizio del cristianesimo, 812). In questo anno pastorale lavoriamo in Diocesi sul tema “ Non di solo pane (Mt 4,4). Nutriti e illuminati dalla Parola” con lo scopo di conoscere, amare, leggere, meditare, famigliarizzare con il Libro delle Sante Scritture e scoprirne la potenza plasmatrice sulla nostra personale esistenza. Il cristiano è l’uomo che vive nutrito e illuminato dalla Parola e sostenuto dalla forza dei sacramenti. Il Santo Padre Francesco nell’Evangelii gaudium sottolinea: “la Parola di Dio ascoltata e celebrata, alimenta e rafforza interiormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita quotidiana” (Francesco Evangelii gaudium 174).
5.Nella Esortazione Apostolica Verbum Domini di Benedetto XVI leggiamo: “Non è certamente un caso che le grandi spiritualità che hanno segnato la storia della Chiesa siano sorte da un esplicito riferimento alla Scrittura. Penso ad esempio a sant’Antonio Abate, mosso dall’ascolto delle parole di Cristo: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!» (Mt 19,21). Non meno suggestivo è san Basilio Magno che nell’opera Moralia si domanda: «…che cosa è proprio del fedele? Il conformarsi con tale piena certezza al significato delle parole della Scrittura, e non osare togliere o aggiungere alcunché».San Benedetto, nella sua Regola, rimanda alla Scrittura quale «norma rettissima per la vita dell’uomo».San Francesco d’Assisi – scrive Tommaso da Celano – «udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tuniche … subito, esultante di Spirito Santo, esclamò: Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!».Santa Chiara d’Assisi ricalca appieno l’esperienza di san Francesco: «La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle povere… è questo: osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo».San Domenico di Guzman, poi, «dovunque si manifestava come un uomo evangelico, nelle parole come nelle opere»e tali voleva che fossero anche i suoi frati predicatori, «uomini evangelici».Santa Teresa di Gesù, carmelitana, che nei suoi scritti continuamente ricorre ad immagini bibliche per spiegare la sua esperienza mistica, ricorda che Gesù stesso le rivela che «tutto il male del mondo deriva dal non conoscere chiaramente le verità della sacra Scrittura».Santa Teresa di Gesù Bambino trova l’Amore come sua vocazione personale nello scrutare le Scritture, in particolare i capitoli 12 e 13 della Prima Lettera ai Corinti