‘Il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 4.6.17)
La Quaresima che oggi apriamo con nel cuore desideri profondi di riforma di vita e di pregustazione della gioia pasquale, è davvero il tempo favorevole che invita ognuno di noi a guardarsi dentro per uniformare, nell’ascolto assiduo della Parola e nella docilità all’azione dello Spirito Santo, la propria vita alla vita di Cristo. Un’ulteriore opportunità offertaci dal Padre di allenamento nella ‘pedagogia della santità’!
E’ tempo di interiorità, di rientro in se stessi per incontrarsi con la Verità che ci fa liberi, per ricevere da Dio e da Dio solo la ricompensa per quello che pensiamo, diciamo, desideriamo, facciamo. Mi piace questo modo di parlare di Gesù nel Discorso della Montagna, vera e propria istruzione programmatica rivolta ai suoi discepoli, magna charta del cristianesimo. Siamo nel cuore della fondazione dell’ethos cristiano, siamo di fronte ad un vigoroso appello alla nostra coscienza, alla proposta dello stile cristiano di vivere il rapporto con Dio: vivere sotto lo sguardo del Padre che vede in ciò che è più intimo, segreto, nascosto (kryptos), praticare la giustizia senza ostentazione, senza suonare la tromba, senza attirare l’attenzione, senza cercare visibilità, senza porsi nei punti di maggior affollamento della vita pubblica, parrocchiale, diocesana; senza mostrarsi scontrosi, malinconici. E’ importante ricordare che per l’evangelista Matteo la giustizia ( dikaiosyne), è la piena osservanza della Legge di Dio di cui elemosina, preghiera e digiuno sono pietre miliari; parafrasando un antico detto rabbinico: sono ‘i tre pilastri del mondo’; insomma vivere al cospetto di quel Dio che scruta le reni e i cuori (cfr Ap. 2,23), davanti al quale ‘ tutto è nudo e scoperto’ e davanti al quale soltanto ‘dobbiamo rendere conto’ (cfr .Eb 4,13). Nel vangelo di Matteo il concetto di ‘ipocrisia’ possiede un significato drastico: è il concetto opposto a ‘giustizia’, cioè la non piena osservanza della Legge di Dio. Alcuni esegeti traducono hypokrités con ‘simulatore’. In Grecia l’ hypokrités era, tra l’altro, l’attore di teatro, l’ interprete di una scena; si adatta bene a questo contesto: l’attore fa di tutto per essere guardato ed apparire al meglio. E’ il dramma della cultura dell’apparire in cui viviamo a tutto svantaggio della sana e libera cultura dell’essere. Questo dramma che si consuma negli atteggiamenti profondi dell’uomo contemporaneo, nel luogo intimo delle decisioni di vita, riverbera all’esterno diventando una vera e propria una patologia sociale che va a coinvolgere molteplici aspetti del nostro vivere quotidiano: dalla banalizzazione dei programmi televisivi, alla decadenza dell’arte autentica, dai facili successi mediatici promessi ingannevolmente ai nostri giovani, al culto della propria immagine narcisisticamente curata. Nel suo recente incontro con i seminaristi del Pontificio Seminario Romano in occasione della Festa della Madonna della Fiducia, il Santo Padre parlando, tra l’altro, del potere dell’opinione pubblica , lo ha chiamato ‘un potere dell’apparenza’. Un’apparenza, dice, ‘che si sovrappone alla realtà, diventa più importante, e l’uomo non segue più la verità del suo essere, ma vuole soprattutto apparire’ contro questo c’è il non conformismo cristiano: non vogliamo sempre ‘essere conformati’, lodati, vogliamo non l’apparenza, ma la verità’ il liberarsi da questa necessità di piacere, di parlare come la massa pensa che dovrebbe essere, e avere la libertà della verità, e così ricreare il mondo in modo che non sia oppresso dall’opinione ‘ Il non conformismo del cristiano ci redime, ci restituisce alla verità’.
Contro il conformismo della sottomissione a questo potere, dobbiamo essere non conformisti: non conta l’apparire, ma conta l’essere!
La Quaresima è tempo di interiorità: di terapia spirituale per tutti; tempo di riconciliazione con se stessi e con Dio; tempo di recupero di uno stile cristiano autentico. Davanti a Dio non serve apparire; Dio conosce e svela i nostri meccanismi di recitazione e di nascondimento: ci vuole autentici e schietti, non compiacenti. Dio non guarda l’apparenza, ma guarda il cuore (cfr 1Sam.16,7). Forse oggi, in questa santa assemblea con il capo cosparso di cenere, è giunto il momento di chiedermi ancora una volta a chi sto tentando di piacere, chi sto cercando di compiacere, da chi attendo la ricompensa; sono schiavo del ‘potere forte’ dell’apparire o ho fatto mio il desiderio che S.Gregorio Magno nei suoi Dialoghi attribuisce allo stile interiore di S.Benedetto che disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni di studi, che vivevano in modo dissoluto, voleva piacere a Dio solo