OMELIA ORDINAZIONE DIACONALE DI MULENGA BAVU
nella Solennità della Santissima Trinità
Porto Santo Stefano, 19 giugno 2011
Nel nome della Santissima Trinità!
Quando il Capitolo Generale dei Cistercensi nel 1230 elevò la festa della Santissima Trinità al rango di celebrazione liturgica maggiore, venne specificato che non doveva esserci predica alcuna, “a motivo della difficoltà del soggetto”. Dal momento che il “soggetto” della Trinità era troppo complesso per la cristianità del XIII secolo, ci si può ben chiedere da quale punto si possa partire per affrontare oggi lo stesso tema, e quali applicazioni esistenziali e pratiche abbia la dottrina per noi.
Questa sera siamo in un certo senso fortunati, abbiamo un’occasione d’oro, un punto di partenza per comprendere qualche bagliore della sfolgorante luce del Mistero Trinitario: un giovane che chiamato dal Padre per collaborare con Gesù, viene sequestrato e trasformato dallo Spirito Santo nell’intimo del suo essere per essere consacrato al servizio del Vangelo nella Chiesa per la vita, la salvezza, la speranza del mondo: è un evento trinitario, tutta la Trinità è in azione.
Dice il grande teologo del ‘900 il card. H. De Lubac che la dottrina della Trinità «sembra essere un mistero sigillato’ Non sempre sappiamo accogliere in noi la verità più pregnante, che deve lentamente produrvi il suo frutto. Impazienti come siamo, vorremmo vedere ottenere l’intelligenza immediata, o meglio, nel nostro pragmatismo dalle vedute limitate, se non ci vengono mostrate subito le applicazioni pratiche, noi la dichiariamo astratta, inassimilabile, ‘fuori della vita’, ‘conchiglia vuota’, teoria lambiccata della quale non ci si dovrebbe affatto ingombrare»; ebbene stasera noi ne abbiamo una ‘applicazione pratica’: del resto la Trinità Santa si è fatta sempre -per così dire- conoscere, si è esposta in qualche modo, nella storia, attraverso il suo intervenirvi a favore dell’uomo mediante il Figlio e lo Spirito Santo.
Come ogni evento di grazia, anche questo Sacramento, si compie nel nome della Trinità.
É nel nome della Trinità che ci troviamo riuniti in questa Chiesa: riuniti per adorare e celebrare il “mistero” del Dio uno e trino, come ‘popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’ (San Cipriano).
É nel nome della Trinità che in questa liturgia la nostra Chiesa sperimenterà una nuova effusione dello Spirito creatore e santificatore: è lo Spirito del Padre e del Figlio che introduce il nostro Mulenga nel terzo grado dell’Ordine sacro, nel Diaconato.
Ma che significa “nel nome della Trinità“? Significa che veniamo, in qualche modo, strappati dai nostri progetti di vita ‘ forse anche belli e interessanti, ma pur sempre piccoli e poveri ‘ per essere collocati dentro un progetto che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro sapienza e nel loro amore hanno su di noi.
Mi ha sempre colpito un episodio, del resto fondamentale, della vita di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù: nel novembre del 1537, Ignazio insieme ad altri compagni lasciava Venezia amareggiato dalle calunnie a lui mosse, ma rinfrancato dal verdetto della Chiesa che lo liberava da ogni sospetto e giudicava le accuse ‘frivole, vane, false’. Scendono a Roma per adempiere la seconda parte del voto di Montmartre: offrirsi al Papa, Vicario di Cristo, per essere inviati in qualsiasi parte del mondo. Sulla via di Roma, un giorno si ferma a pregare nella cappella de ‘La Storta’, a 16 km da Roma: nell’Autobiografia dice ‘sentì tale cambiamento nell’anima sua e vide con tanta chiarezza che Dio Padre lo univa con Cristo, suo Figlio, che non avrebbe mai potuto dubitare di questo fatto, che cioè Dio Padre lo metteva con il proprio Figlio’. Ad Ignazio sembrava di vedere il Cristo con la Croce e il Padre che diceva ‘Voglio che tu ci serva’. E’ stato possibile paragonare questo momento a quello delle stimmate di San Francesco d’Assisi sul Monte della Verna; esso avrà ripercussioni di capitale importanza sulla fondazione della Compagnia di Gesù.
Gesù, il mandato dal Padre, a sua volta manda gli apostoli nel mondo.
Anche tu, Mulenga, col Sacramento che riceverai, verrai messo dal Padre -per la preghiera della Chiesa e l’imposizione delle mie mani – in questa stessa “missione” di Cristo e degli Apostoli, e proprio per questo, nella profondità del tuo essere, sarai reso partecipi della stessa fisionomia di Cristo Signore. Infatti, lo Spirito Santo con il suo fuoco bruciante imprimerà in te i lineamenti di Gesù che è venuto per servire e non per essere servito (cfr. Mt 20,28) e diverrai immagine viva e vera di Lui; anche a te, oggi, il Padre dice: ‘voglio che tu ci serva’!
Come già con il santo Battesimo lo Spirito ti ha costituito figlio di Dio Padre e fratello di Gesù, così ora con il Sacramento del Diaconato lo stesso Spirito ti configura e ti assimila a Cristo servo del Padre e servo dell’umanità.
È a partire da questa meravigliosa “novità” – che tra poco verrà stampata indelebilmente nelle fibre del tuo essere – che sarai chiamato a condividere la missione di Gesù sacerdote e salvatore, servo di Dio e servo dell’uomo e, quindi, a partecipare al suo “potere”, ossia alla sua potenza di grazia e di salvezza.
Sia colmo di gratitudine e di gioia il tuo cuore. E lo sia il cuore di tutti noi.
La nostra fede ci apre allo stupore di fronte alla santissima Trinità che ora qui è nuovamente all’opera: il Dio uno e trino ci sorprende sempre e ci fa instancabilmente contemplare le meraviglie del suo amore!
Continuiamo, dunque, a respirare questa atmosfera di fede, di preghiera, di gratitudine e di gaudio spirituale: l’unica atmosfera che si addice al mistero di amore e di grazia che si sta compiendo in questa celebrazione.
“Nel nome della Trinità”
Ritorniamo su queste parole così semplici e insieme così cariche di numerosi e singolari significati. In particolare, c’è un significato che in questa celebrazione diaconale vogliamo esplicitare per scoprire, anzitutto, il senso profondo dell’essere diaconi di Cristo e della Chiesa e, inoltre, per conoscere i diversi compiti che ai diaconi sono affidati.
Nel nome della Trinità significa essere “consacrati” alla Trinità, appartenere totalmente a Dio come sua “proprietà” viva e personale; significa essere “posti al servizio” del Dio trino e uno, significa essere posti al servizio di ogni fratello; la missione del diacono ‘ in una modalità propria e specifica rispetto a quella dei fedeli laici – si risolve tutta nel far sì che il mistero della santissima Trinità, che è “il mistero dei misteri” della fede e della vita cristiana, sia rivelato e comunicato agli uomini e sia da loro vissuto: mistero che si coglie nella lucentezza del vivere gioiosamente l’essere servizievoli, proprio a imitazione della Santissima Trinità che è un Dio in stato permanente di servizio.
Questo è il Dio uno e trino che la Chiesa annuncia e testimonia ogni giorno: e la Chiesa oggi abilita e impegna anche te in questo medesimo annuncio, in questa medesima testimonianza. Parla dunque di Dio servitore e liberatore, non dominatore dell’uomo. Parla del suo amore paterno e misericordioso per poter aprire l’ uomo, alla fede e alla speranza, alla vita piena e alla felicità vera.
Il tuo servizio di Diacono ti conduce a collaborare con il Vescovo e con i presbiteri nella celebrazione sacramentale.
Il servizio diaconale, nell’ambito liturgico-sacramentale e in quello della preghiera, è tutto ordinato ad attuare e a far riscoprire l’esaltante condizione cristiana: quella di essere, come battezzati, dimora vivente di Dio-Trinità. Sì, è questa la prima e insuperabile grandezza e bellezza della missione diaconale e presbiterale, episcopale: essere strumenti vivi dello Spirito Santo nel compimento della sua opera, nel porre cioè il cristiano nel cuore della Trinità e nel porre la Trinità nel cuore del cristiano!
Com’è indispensabile allora che noi per primi viviamo questa intimità di vita e di amore con Dio uno e trino! Se non stimiamo questa intimità come il tesoro più prezioso della vita, come sarà possibile educare con entusiasmo gli altri e aiutarli con generosità nel custodire e nel vivere questa incomparabile ricchezza spirituale?
Ma non basta credere nella Santissima Trinità, né basta celebrarla nel sacramento e nella preghiera: occorre viverla. Vivendola nel suo dinamismo perenne di servizievole amore, offrirai uno dei più urgenti e preziosi servizi all’uomo e alla società del nostro tempo, così smemorati di Dio e indifferenti alla sua Parola e al suo amore, così presi dall’ansia e ambizione del dominio, produttori di ogni tirannia e violenza, lontani dal servizio d’amore, produttore di libertà e pace.
Il diacono è il servo di Cristo e della Chiesa nell’impegno evangelico della carità: verso tutti, nessuno escluso, ma specialmente verso chi è povero, sofferente, disagiato, umiliato, emarginato, rifiutato, privo di amore e di speranza.
La storia del diaconato nella Chiesa è soprattutto storia di carità. A te, caro Mulenga, è chiesto di continuare questa storia nella nostra Chiesa : con creatività e generosità.
‘Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto’. Non dimenticarle mai, Mulenga, queste parole! Risuonino dolci e forti nella tua coscienza, specialmente negli inevitabili momenti della fatica e della prova.
Ci sono, forse, altre parole capaci di suscitare in noi una fiducia illimitata e incrollabile? Il Signore, che è grande nell’amore, è grande non solo nell’offrirci il suo dono ma anche nell’aiutarci a custodirlo e a viverlo nella fedeltà, nella generosità e nella gioia: chiunque crede in Lui non andrà perduto!
A Colei che, come Madre del messianico ‘Servo di Dio’, partecipò alla condizione servizievole del Figlio suo, Serva di Dio Padre, con Cristo, nello Spirito, affidiamo la nostra Chiesa: non prediliga il dominio al servizio! E affidiamo il nostro giovane amico e fratello Mulenga affinché faccia del servire la legge fondamentale della sua vita cristiana.