Documento 6. LA CONDIVISIONE DEI BENI DONATI


196. La condivisione dei beni donati alla Chiesa è un diritto e un dovere per tutti i fedeli, mentre la loro saggia e onesta amministrazione un dovere grave e preciso per coloro che hanno ricevuto il mandato di prendersene cura. I fedeli cristiani, infatti hanno sempre sentito come proprio il compito di sovvenire alle necessità della Chiesa e, ciascuno secondo la propria sensibilità e la propria responsabilità, hanno sostenuto con libere offerte o con attività generose l’opera di evangelizzazione, di educazione cristiana e di cooperazione missionaria, hanno reso possibile ovunque la celebrazione del culto divino, hanno provveduto all’onesto sostentamento degli ‘operai del vangelo’, hanno promosso innumerevoli opere di carità nel mondo intero, mantenendo piena fiducia in Dio, che ha potere di far abbondare ogni grazia perché, avendo il necessario, sia possibile compiere generosamente le opere di bene (cfr. 2 Cor 9,7-8).
Quando poi la tentazione della ricchezza si è fatta sentire, la Chiesa ha guardato a Cristo  suo Signore, il quale ‘pur essendo di natura divina… spogliò se stesso prendendo forma di servo’ (Fil 2,6-7), trovando così il coraggio di riformarsi e di continuare a chiedere umilmente di ‘usare con sapienza i beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni’ ( coll. XVII sett. tempo ordin.).
Composta di uomini e consapevole delle esigenze umane, la Chiesa ha provveduto a darsi opportuni ordinamenti anche  di natura amministrativa, adeguandoli nel tempo alle necessità sempre nuove dei fedeli e al contesto economico in cui le singole comunità si sono trovate a vivere. Per noi oggi ha valore soprattutto la normativa contenuta nel Codice di Diritto Canonico (cann 1254-1310) e nella Istruzione amministrativa promulgata dalla Conferenza Episcopale Italiana il 1 aprile 1992: il sinodo intende aderire a queste disposizioni, ispirandosi ad esse nel proporre le sue norme pastorali e riferendone alcune anche esplicitamente.