«La più faticosa fisicamente, la più ricca spiritualmente»: così i responsabili della pastorale giovanile descrivono la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, che ha riunito circa 2 milioni di giovani provenienti da ogni angolo della Terra.
Ragazzi non più lontani, distanti, diversi, ma leve di nuova generazione con le stesse necessità, aspettative, prospettive.
E tra le tante bandiere ecco scorgerne una, particolare, diversa, un vessillo double-face: da una parte la bandiera spagnola con un toro e dall’altra il tricolore con cucito sopra un cinghiale. Un simbolo, un segno che stava ad indicare ‘La Maremma c’è’e l’Amiata pure’.
Anche noi, giovani della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, ci siamo messi in cammino. Anche noi abbiamo intrapreso questo viaggio, restando spiazzati, perché ogni più rosea aspettativa è stata superata.
Partenza ore 4 di mattina del giorno 11 agosto. Un pullman, 41 individui, ore e ore di strada da percorrere, ma niente di pesante. Prima tappa Avignone: l’ultima notte su un comodo letto di un albergo e poi via verso Valencia.
Sì, perché la GMG non si limita alle giornate nella capitale, ma anche a quelle di accoglienza nelle varie diocesi del Paese ospitante. E ci troviamo così ad alloggiare in un patio, all’aperto, condividendo gli spazi, le preghiere, i giochi, il caldo torrido con Grosseto e Nomadelfia. E dopo tre giornate di preparazione per ciò che ci avrebbe atteso nei dì seguenti, eccoci di nuovo in viaggio verso Madrid, verso la vera GMG. E, come dice il refrain del nostro caro diacono Mulenga, ‘Ora inizia veramente GMG’.
Questa volta la nostra dimora è un palazzetto nel complesso della Polisportiva di Tres Cantos (a 20 minuti circa dal centro di Madrid), ma i coinquilini aumentano in numero e in provenienza: 1200 ragazzi giunti da Siena, Pisa, Padova, Milano’
Un comodo campo da gioco dove dormire, poche fredde docce, ma tanti sorrisi, disponibilità, pazienza da parte dei ‘Voluntari’ madrileni; ragazzi come noi che hanno deciso di mettersi al sevizio e vivere questa GMG con un impegno diverso, giovani ai quali va tutta la nostra riconoscenza.
La prima mattinata (quella del 16 agosto) è stata in giro per Madrid. Ed ecco che affiorano le prime tracce: strade infestate di colori, di volti, di braccia alzate, di cori, di volontà, tanta volontà di farsi sentire. Senza difficoltà a capirci, ci si scambiano oggetti, si fanno foto e il saluto tramuta in una risata collettiva. Come se qualcuno ci avesse dato lo stesso manuale da dover seguire’ come se fosse già insito nel nostro DNA, come se fosse stato scolpito nel nostro cuore.
Nel pomeriggio la Messa in Plaza de Cibeles celebrata da Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, che ci ricorda: “La Chiesa è un popolo che non conosce frontiere. E qui i giovani vengono ad incontrare Cristo, che può cambiare la loro vita e riempirla di una gioia contagiosa”.
È proprio di contagio che si parla, come se un epidemia avesse colpito questo piccolo spicchio di mondo, con così tanti giovani riuniti.
Proprio qui mi verrebbe da citare una frase di un giornalista di Avvenire, (l’inviato a Madrid M. Muolo): ‘Perché alla Giornata Mondiale i pellegrini non sono solo cornice o corona, sia pur essa grandiosa e scintillante. Sono essi stessi protagonisti dell’evento, pronti a cogliere ogni minimo gesto e parola’.
Certo, come poter fare altro? Non avevi scampo, via d’uscita, non riuscivi a pensare ad altro se non a ciò che stavamo vivendo lì, tra la folla, in terra straniera, con il nostro gruppo, ma soprattutto con noi stessi. Assurdo come in tutta quella confusione ognuno riusciva ad ascoltarsi, a sentire ciò di cui aveva più bisogno il proprio cuore, a mettersi in gioco, ad aprire gli occhi e le orecchie. Bello trovarsi accanto ad un sacerdote, dopo tanto, molto tempo e affidarsi al sacramento della Riconciliazione e dargli quel giusto valore, poiché sentita, voluta, pensata.
Fortunati, forse è la parola giusta. Fortunati perché capaci di cogliere questa bellezza che ci è stata data.
Messi alla prova, stuzzicati dalle parole dei ‘big’ tra i cardinali: tutti sotto il padiglione 9 della fiera di Madrid. Diecimila giovani italiani (10 dei 100 mila) in ascolto in tre mattinate differenti.
Il primo incontro mercoledì 17 agosto dove l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, comincia citando Nietzsche e il suo ‘Dio è Morto’. Non guarda al lato disperato o angosciante, ma ci avverte che una soluzione c’è: “Se Dio sembra scomparso dalla nostra vita, svanito dalle questioni decisive dell’esistenza, non è un caso né un destino, ma un atto che sta alle nostre possibilità capovolgere. Solo non guardando alla povertà delle nostre forze, ma alla potenza dell’amore di Dio, è possibile attraversare il mondo e i suoi pericoli senza lasciarsi sopraffare da essi”. E questa forza l’abbiamo sperimentata. Abbiamo scoperto quanto è bello sentirsi uniti e quanto è facile superare le difficoltà con successo se stiamo insieme’l’esempio lampante è quello della Veglia a Cuatro Vientos.
Giovedì 18 agosto, invece, Angelo Bagnasco (presidente della Cei) ci indirizza verso ciò che ci dirà il Santo Padre nei giorni a seguire: “l’uomo ha assoluto bisogno di essere radicato, di non essere senza terra. Esiste un duplice atteggiamento in ogni epoca: quello dell’ottimismo comunque e quello del pessimismo comunque. Ne nasce una sorta di intorpidimento dell’anima. La soluzione? Cristo, quel Gesù di Nazaret che ci attira a sé e ci trasforma dal di dentro (‘). Che la GMG sia luce nella tua vita”. E più di un raggio di luce abbiamo avvistato. Ne sono testimonianza le parole degli spettatori, di coloro che stavano all’esterno: “Ragazzi sempre col sorriso. In questi giorni tanti sono i punti e i momenti di bellezza che occorrerebbe raccontare”, così dicono.
Il cardinale Dionigi Tettamanzi, venerdì 19, ci ha svegliati dal torpore e dalla stanchezza che iniziavamo ad accusare. “I cristiani, innanzitutto, devono riscoprire la bellezza e la centralità di Gesù nella propria vita, e già questo sarà un segno forte per il mondo intero. Un segno che suscita interesse ed ammirazione, che fa sorgere interrogativi e riflessioni e che fa mettere in discussione. L’evangelizzazione deve ripartire da noi stessi: solo quando il nostro cuore è pieno la nostra bocca può traboccare. San Paolo dice: «Ho creduto, perciò ho parlato» (2Cor 4,13)”.
Non è semplice manifestare senza vergogna, impegnarsi senza contrarietà, mostrarsi per ciò che siamo. Al termine delle varie catechesi, più di una volta ci siamo messi a riflettere con i nostri giovani ‘don’: ci hanno ascoltati, consigliati, spronati’si sono messi al pari nostro, per farci capire che il cammino non è semplice, ma può essere veramente appagante.
E allora via per le strade di Madrid, per il saluto del Papa. Giovedì 18, ci dà una ricetta per vivere, da poter seguire ogni giorno con costanza: ‘essere poveri di spirito, affamati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, amanti della pace’. Ci ricorda che è Egli stesso che ha aperto il cammino per noi, lo ha creato perché potessimo raggiungere la vita autentica, quella che sempre vale la pena di vivere, in ogni circostanza e che neppure la morte può distruggere.
E ciò lo abbiamo vissuto nella Via Crucis svoltasi venerdì per le strade centrali della città. Un momento toccante, commovente: ad ogni tappa una lettura, un commento che ci scavava dentro, senza sconti, senza remore. Ma soprattutto c’era la Croce. Quel pezzo di legno che Cristo si è portato per una lunga strada, è stato lì trasportato da una rappresentanza di coloro che nella propria vita incontrano ostacoli, difficoltà, problemi: e così un ragazzo drogato passa la propria croce al disabile, il giapponese al sudanese, il disoccupato al perseguitato’e il dolore sembra essere alleviato.
Non c’è spettacolarizzazione dei fatti. Ogni momento di questa GMG è stato sobrio e semplice, a portata di ragazzo, vivace, ma tanto intimo.
Scopriamo gli adulti che sgranano gli occhi sbalorditi per la sopportazione allegra di privazioni d’ogni tipo nei giorni di Madrid, eppure non siamo stati eroi e tanto meno pazzi. Tra i vari commenti c’è chi si stupisce che non sia stato trovato alcun ragazzo sbronzo o alterato. E che bisogno c’era? Eravamo di nostro ubriachi. Proprio così: ubriachi di vita.
L’unica necessità di bere riguardava acqua’acqua vitale, per abbassare l’elevata temperatura dei nostri corpi. Solo questo.
La prova maggiore è stata nelle due giornate a Cuatro Vientos: un weekend alternativo, questo è chiaro, ma come ormai urliamo da giorni e giorni ‘La Maremma è sopravvissuta!’.
Lo abbiamo ben capito perché lo chiamano aeroporto de Cuatro Vientos. Ma abbiamo resistito anche al mal tempo. «Restano loro, resto anch’io», questa la battuta del Papa, all’invito di smettere la Veglia causa il diluvio di sabato notte. Noi imperturbabili tenevamo saldi la nostra tenda, montata durante il giorno per proteggerci dal sole, e cantavamo, urlavamo, pregavamo insieme agli altri 2 milioni di pellegrini. Noi e il Papa, che ci ha manifestato la sua amicizia, la sua gratitudine, il suo spirito giovane. Noi e Cristo che anche stavolta ci chiedeva di non dubitare in Lui, ma anzi, ci ripeteva il tema di questa GMG: ‘Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede’.
E quando vento e pioggia sono finalmente passati la festa è stata ancora più calorosa. Dopo chilometri, file interminabili, calca, sole a picco, zaini, terra arsa orfana di alberi e ombra, trovavamo comunque l’energia di cantare, ballare, ridere. Quanto può fare l’uomo se si mette alla prova. Spesso non rischiamo, preferiamo rimanere nelle nostre piccole certezze e sicure capacità. Ma questa volta no, intrepidi, generosi con bandiere, striscioni sempre al vento a fare coraggio a noi stessi e al Papa. Qualcuno ha scritto ‘Sono capaci di sconvolgere la sintassi del mondo’. Giovani così possono affrontare ogni sfida (una bella prospettiva no?).
E poi l’adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Questi stessi ragazzi capaci di far tremare la terra con i propri passi, si raccolgono in un silenzio impressionante. Un silenzio che parla. Un silenzio che pervade tutta la spianata, accompagnato da un vento caldo pronto ad asciugare ciò che la pioggia aveva bagnato. E così passa anche la notte.
La mattina sembra essersi tutto calmato e la Messa con il Santo Padre è un tripudio. Una festa, un saluto, un mandato da dover riferire una volta tornati ognuno nel proprio Paese. “Possa Egli infondere il suo Spirito su di noi e sull’intera Chiesa, perché possiamo essere un faro di libertà, di riconciliazione e di pace per il mondo intero. Non lasciate cadere i vostri desideri e aneliti nel vuoto, ma rendeteli saldi in Gesù Cristo”.
E proprio sulla via di ritorno verso casa ripensavo alle sue parole di qualche giorno prima: “Cari amici: siate prudenti e saggi, edificate la vostra vita sulla base ferma che è Cristo. Questa saggezza e prudenza guiderà i vostri passi, nulla vi farà temere e nel vostro cuore regnerà la pace. Allora sarete beati, felici e la vostra allegria contagerà gli altri”. È il caso di parlare proprio di felicità. Sento di poter dire di averla provata.
Per cogliere fino in fondo la pienezza di un tale sentimento bisognerebbe essere a Madrid: dalle lunghe attese del Papa in ogni incontro pubblico, sistemati ovunque capita, ai canti e balli che animano la capitale: è la “juventud del Papa”‘anzi di Cristo.
Lucia Gentili