1. Carissimi, Cristo è risorto! Celebriamo la festa non con il lievito vecchio!
La Festa delle Feste, la Pasqua di Risurrezione richiede, per essere celebrata adeguatamente, il vivere la novità profonda che in essa ci è donata dallo Spirito del Risorto effuso su di noi con abbondanza nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione…. Mi ha sempre affascinato questa pagina di San Paolo che in una Pasqua di Risurrezione – con buona probabilità la Pasqua del 57 d.C – con queste parole esortava e ammoniva gli abitanti di Corinto, dopo che era stato commesso da un membro della comunità cristiana un terribile peccato d’incesto. Era stato solo uno a commettere il grave peccato di cui si parla nel brano immediatamente precedente a quello che abbiamo ascoltato, ma San Paolo è preoccupato per il profilo morale della comunità, teme che si abbassi troppo e si aiuta a dire quello che vuol dire, utilizzando un antico detto popolare che riprenderà anche nella Lettera ai Galati (cfr Gal 5,9) “fratelli, non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta?”. Anche Gesù ha usato questo detto nel Vangelo per parlare del Regno: “Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata”(Mt 13,33). Paolo lo propone in senso negativo, Gesù in senso positivo. Tutto prende avvio dalla capacità del lievito di far fermentare l’impasto e la grande quantità di farina -tre misure sono 39, 39 litri, quasi un mezzo quintale di farina-: il lievito ha una forza lievitante formidabile! La piccola quantità di lievito è capace di far fermentare tutto l’impasto: “poco” e “tutto” sono i poli antitetici del detto popolare. Ma davvero per l’Apostolo Paolo un solo grande peccatore è in grado di far perdere la faccia a tutta la comunità di Corinto? E’ semplicemente un cattivo esempio che può trascinare altri o è presenza di per se stessa sufficiente ad abbassare la qualità morale della comunità? San Paolo teme che la comunità si denaturi, e per questo fa espellere l’incestuoso; teme che tutta la Chiesa sia contaminata: se si vuole preservare la comunità bisogna eliminare il fattore negativo, il virus che infetta.
2.Dal detto popolare passa alla tradizione giudaica pasquale: parla di lievito vecchio da eliminare, di pasta nuova, di azzimi: l’usanza ebraica era quella di perlustrare bene la casa la vigilia di Pasqua e far scomparire e distruggere ogni traccia di pane fermentato, ogni traccia di vecchio lievito conservato nella madia. L’usanza veniva da lontano: all’ arrivo della primavera con la raccolta dell’orzo nuovo cominciava il nuovo anno agricolo, gli Ebrei nomadi, per arcaiche consuetudini, eliminavano il vecchio lievito conservato. Il bisogno di inaugurare un nuovo ciclo vitale, li portava a distruggere ogni frammento di lievito vecchio che si trovasse nelle case e per una settimana mangiavano pane azzimo: senza lievito, appunto. Quasi a dire “anno nuovo, vita nuova”! Poi per gli Ebrei è venuto il momento dell’esodo dall’Egitto. Accadde in una notte di primavera, proprio nel periodo in cui si mangiavano gli azzimi, e da quella notte di primavera del 14 di Nisan dell’esodo dall’Egitto la faccenda del pane senza lievito si è caricata di un altro significato: pane senza lievito perché, per il precipitare degli avvenimenti, nella notte della liberazione non si è avuto il tempo di far fermentare la pasta. Gli azzimi, quindi, sono i pani non lievitati vanno ad indicare due cose: la novità di vita e la rapidità con cui vanno prese certe decisioni. E’ uno stile esistenziale proposto a tutti noi.
San Paolo allarga ulteriormente la prospettiva ed interpreta in modo allegorico i riti della pasqua ebraica, fa valere per tutti i credenti l’esigenza di purificazione: “purificatevi, togliete via (ek-katharate) il lievito vecchio”. Questo verbo non appare in nessuna prescrizione della festa pasquale ebraica; per San Paolo sarà la Chiesa di Corinto la casa da cui deve essere eliminato il lievito vecchio perché sia pura. “Vecchio”, contrapposto subito dopo a “nuovo”, esprime il passato peccaminoso dei credenti, rientrato di fatto per mezzo dell’incestuoso nel presente della comunità. Espellere il colpevole e ogni traccia di passato negativo è purificazione della Chiesa, è attuare la vera riforma della Chiesa (Y.Congar); è un recupero di autenticità che San Paolo esprime variante applicativa dell’allegoria pasquale: “per essere pasta nuova”. Da abitazione da purificare buttando via il lievito vecchio, la Chiesa passa ad essere raffigurata come nuovo impasto (neon phyrama), senza lievito (a-zyma). E poi San Paolo passa dall’imperativo all’indicativo: “poiché siete pani azzimi”. L’esortazione a diventare una nuova realtà è fondata sul possesso per grazia di questa stessa realtà: diventa dunque ciò che sei!
3. L’essere pani azzimi è frutto dell’iniziativa divina: Cristo nostra Pasqua è stato immolato! Si tratta di un processo di liberazione da un passato di peccato e perdizione, dal vecchio lievito, dal vecchio impasto lievitato ad un presente diverso, nuovo (neon). Il lievito vecchio indica dunque la realtà di peccato e di perdizione in cui i credenti di Corinto erano immersi prima di aver creduto e l’impasto nuovo/pani azzimi la realtà di salvezza in cui sono stati immessi e verso cui sono responsabilizzati eticamente. San Paolo non chiede solo la purificazione della casa con la cacciata dell’incestuoso; i corinzi hanno un presente di grazia, un potenziale di novità da tradurre nella coerenza quotidiana della vita. Sono già pani azzimi, l’agnello pasquale, Cristo, è stato già immolato; ha avuto inizio il tempo pasquale e il comportamento dei partecipanti deve essere pasquale. La morte violenta di Cristo è evento di salvezza che introduce i tempi nuovi e crea la condizione della salvezza per i credenti. Il comportamento dei corinzi deve essere improntato a sincerità e lealtà (eilikrineia/aletheia) e non a malizia e cattiveria ( kakias/ponerias). Trasparente solarità morale e leale condotta, una vita da risorti! E questo messaggio è anche per noi, oggi, qui che celebriamo nella letizia la Pasqua di Risurrezione!
4.Sono sempre fresche e provocanti le considerazioni che ho trovato in una pagina del vescovo Tonino Bello, prematuramente scomparso, voce profetica, di cui è in corso la causa di beatificazione, proprio a proposito di questa faccenda del “lievito vecchio”. Rielaborando il suo pensiero comprendiamo meglio a chi sono rivolte le parole di San Paolo:
a tutti coloro che non hanno il coraggio di cambiare, ai prigionieri degli schemi; ai nostalgici del passato, laudatores temporis acti