Celebrare una messa di saluto ad un vescovo che ci lascia sta diventando per noi una mesta consuetudine, con un carico emozionale sempre molto grande. Vagamente associato alle prime febbri della primavera si tinge dei significati della stagione di mezzo che mai è portatrice di frutti ma solo dell’attesa di essi. Siamo così anche noi in questo tempo di passaggio: tra l’attesa del raccolto e la consapevolezza della semina compiuta.
Da dove partire allora per questo saluto di congedo? Dalla semina, da ciò che lei ecc.za ha seminato tra le zolle di questa terra nel breve ma intenso periodo trascorso tra noi.
Voglio rifarmi ad alcune suggestioni simboliche che mi sono affiorate alla mente. La prima di queste è una data: 15 settembre 2010. Era il giorno della sua consacrazione episcopale, fatto vescovo per noi. Quando papa Benedetto XVI ha pensato a lei, lo ha pensato per noi.
Con lei ha continuato ad esistere la Chiesa che è in Pitigliano – Sovana – Orbetello, perché solo dove è il Vescovo, lì è la Chiesa. Dove sta lui (il vescovo) là compare tutta la comunità, così come dove Gesù Cristo è, là è la Chiesa cattolica (S. Ignazio).
Il Vescovo è un angelo inviato da Dio alla sua Chiesa.
Lei ha sempre insistito che questa data fosse una data celebrata. Non per omaggio alla sua povera persona, come ci diceva, ma come espressione di una riconoscenza per il dono del vescovo.
E’ principalmente per questo motivo che tra il vescovo e la sua Chiesa diocesana si costituisce un legame quasi sostanziale, che è innaturale rompere. Oggi, eccellenza, facciamo esperienza di questa privazione e al tempo stesso comprendiamo l’importanza del suo ministero fra noi.
Mi viene poi da citare una sua lettera. L’ho mandata a memoria perché era il primo suo scritto, le sue prime parole indirizzateci a caldo, dopo la nomina. Ci scriveva allora: “Lasciare la mia terra è duro, ma la comunità cristiana che è in Pitigliano-Sovana-Orbetello mi attenda con fiducia: darò tutto me stesso, fino in fondo, secondo il mio stile di sempre; si prepari ad avere tanta pazienza, tanti sono i miei limiti; sappia comunque con certezza che è già entrata nel mio cuore.”
In quel saluto erano già tratteggiati il suo carattere, le sue intenzioni, la sua umanità. E lentamente giorno dopo giorno si è accresciuta la sintonia e purificata la conoscenza. La Visita Pastorale, purtroppo attuata solo a metà, è stata un’ immersione profonda ed ulteriore nella realtà diocesana che l’ha coinvolta sempre più. Negli auguri di Pasqua dello scorso anno le esprimevo questa convinzione:
“Noi avvertiamo che lei ci sta volendo bene per come siamo, che ci stima e che apprezza il nostro lavoro; abbiamo capito che lei si sta affezionando a questa terra, che le sono venute care le strade e le colline, le persone e le tradizioni, in un coinvolgimento sempre maggiore, senza altre aspettative che il continuare a servire questa chiesa con più ampia misura.(17 aprile 2014)”
Il suo precedente incarico come educatore del seminario ha lasciato in lei una particolare attitudine alla cura per le vocazioni, e ad una attenzione per i sacerdoti. E così abbiamo fatto esperienza di una paternità ospitale, mai paternalista. Seminaristi, diaconi permanenti, giovane clero, preti collaboratori, religiose, hanno sempre trovato in lei una persona capace di comprensione. Nell’etimologia del termine, comprensione è l’atto e la capacità di fare proprio, di prendere, il mondo esistenziale dell’altro, con l’intelletto e con il cuore.
Abbiamo fatto esperienza, io per primo, di questa ospitalità, di questa comprensione, della quale le saremo sempre grati.
C’è poi una parola ricorrente nel suo ministero episcopale: la parola speranza.
Come motto del suo stemma vescovile, come titolo del progetto pastorale diocesano, come cuore della sua Lettera Pastorale, come riferimento nelle sue omelie, la Speranza è presente, qualifica gli atti del suo magistero, accompagna ogni scommessa pastorale, le nomine e gli atti amministrativi. Sempre fiducioso, pieno di aspettative positive nei riguardi dei suoi più stretti collaboratori.
Rispettoso del lavoro dei parroci, con grande delicatezza si è presentato nelle nostre parrocchie, portandoci sempre una parola vigorosa e mai banale. Ricca di speranza è l’intelligenza del legame che ella ha saputo stringere con la vita, mantenendo la giusta distanza dalla frenesia del fare e affidandosi al corso della corrente benefica della Grazia. Mai il ruolo ha prevaricato l’uomo, con la sua evidenza naturale, temperamento, abitudini e inclinazioni, e questo a noi è riuscito gradito, perché lei mai ha nascosto i suoi limiti, il lato non schermato della sua persona, anche scherzandoci su.
Non possiamo infine non declinare la virtù della speranza in riferimento alla sua fedeltà e obbedienza alla Chiesa, in spirito di servizio e in assoluto abbandono alla volontà di Dio. Come in questo ultimo decisivo atto di coraggiosa disponibilità al Santo Padre che la chiama ad un incarico delicato quanto urgente. La sua obbedienza noi la apprezziamo ed ha per noi il valore di un magistero altissimo.
Ecc.za la ringraziamo sinceramente. La accompagniamo con grande affetto nel suo partire da questa terra verso una nuova destinazione, ricordandole la massima del poeta: la vera patria non è dove sono nato, ma il luogo dove ho generato.
Sia benedetto il suo cammino.
Sovana, 19 marzo 2015