Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello

ORIZZONTI DI UMILE E GENEROSA DISPONIBILITA’

Orizzonti di umile e generosa disponibilità

 

“Benedici il Signore anima mia”. Con la recita del salmo 102, Mons. Roncari ha aperto l’incontro delle Caritas diocesane e parrocchiali che si è svolto a Nomadelfia nella mattinata di sabato 17 febbraio. Don Alessandro Baglioni ha presentato le linee guida dell’incontro, preparate dal vescovo e offerte in un piccolo sussidio distribuito ai presenti, laici, religiosi e sacerdoti: Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Questa è la prima domanda formulata partendo da una riflessione di S. Giovanni Crisostomo e rivolta a responsabili e volontari, per rinnovare l’impegno ad aver cura di chi ne ha bisogno, a provvedere alle necessità del cuore affamato e assetato del fratello, che è prezioso tempio vivo in cui Dio desidera avere stabile dimora. La via e la meta della comunità cristiana è l’uomo tutto intero, con la sua vita e le sue relazioni: è necessariamente così, come ci ha indicato Cristo e come coloro che vivono quotidianamente questa esperienza di confronto con persone che soffrono disagi di diversa natura, percepiscono di dover rafforzare e custodire “in forme consone ai tempi” (art. 1 Statuto). Il vescovo ha presentato sinteticamente le quattro dimensioni fondamentali della vita della Chiesa: ricordando che la carità è elemento essenziale che anima la Caritas nel servizio di sostegno prima di tutto del parroco e di tutti coloro che – impegnati in un cammino di fede – si sentono raggiunti dalla misericordia di Dio e in essa maturano un nuovo stile di vita. È occasione di ricerca, di intensità di relazione, di collaborazione, di consegna di esperienze di bellezza, di “scintille di genialità” generate dallo Spirito Santo pregato e accolto, che diventano proposte costruttive. E ancora, abbiamo ascoltato parole di incoraggiamento per vivere una coerente e seria solidarietà, migliorando la capacità di ascoltare, conoscere e tutelare veri rapporti di amicizia spirituale, che comporta il saper camminare insieme. È emersa la necessità di sviluppare competenze per un discernimento più oculato e un accompagnamento efficace, tenendo ben presente che il confronto con situazioni di povertà, mette in luce le nostre povertà: noi accogliamo i poveri e spesso ci riconosciamo più poveri di loro. Siamo sempre discenti alla scuola della carità: nel dare ci si accorge di ricevere molto più di ciò che si credeva di avere a disposizione per coloro che bussano alla nostra porta. La preghiera ci insegna che noi per primi abbiamo bisogno di essere consigliati, di imparare, di essere ammoniti, consolati, per vivere la missione con disponibilità, generosità, consapevolezza. La bella notizia non è credibile se non si vede la gioia di appartenere a Cristo, in questa nostra condizione di “fragili salvati” Per questo i presenti sono stati più volte incoraggiati ad osservare e condividere il positivo dell’esperienza operativa, per investire coraggiosamente e decisamente su ciò che produce frutto, senza alimentare critiche sterili sulle “carenze del sistema”. Mons. Roncari ha posto l’accento sulle opere di misericordia spirituale, in particolare sul consolare gli afflitti; per sviluppare la riflessione, si è riferito all’esperienza di Giobbe e dei “consolatori molesti” che lo avvicinano nel momento della prova. Il brano della Sacra Scrittura permette di capire la profondità della consolazione dello Spirito, perché il dolore serve anche a correggere, come leggiamo pure nella lettera agli Ebrei: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? (Eb 12, 5-7). Ma soprattutto: Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì (Eb 5,8) Non possiamo essere interpreti irrispettosi, dunque, come i consolatori molesti, ma piuttosto attenti e umili ricercatori di verità nascoste. Il vescovo ha concluso il suo intervento parlando del cero che accenderemo nella veglia pasquale, simbolo di risurrezione: della morte sconfitta e di un risveglio nella luce eterna. Il cero che ha cinque ferite: la consolazione passa da li, come la nostra conversione. Dopo aver ascoltato i suggerimenti di Mons. Giovanni, è stato possibile creare gruppi per verificare le potenzialità e i limiti di questo organismo pastorale, partendo dalle nostre chiese locali. L’incontro si è concluso con la recita dell’Angelus e un arrivederci ai prossimi incontri programmati per un cammino di comunione sempre più necessario per vivere con fedeltà e coerenza il nostro impegno di fede.