Dal 29 aprile al 2 maggio ho avuto la gioia di partecipare (invitato dalla CEI con altri 7 parroci italiani) all’Incontro internazionale dei Parroci per il Sinodo che si è svolto alla ‘Fraterna Domus’ di Sacrofano, nei pressi di Roma. Eravamo 193 parroci provenienti da 99 paesi di tutto il mondo. Per facilitare la comunicazione e la condivisione, siamo stati divisi in 18 tavoli, ogni gruppo formato da 10 parroci di varie paesi, guidati da un ‘facilitatore’ che ci aiutava a raccontarci, ad ascoltarci e a proporre con l’aiuto dello Spirito Santo, nella ‘conversazione spirituale’, ciò che ritenevamo utile come nostro contributo per la stesura del documento preparatorio per la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma in ottobre.
La prima percezione che ho avuto è stata quella della ‘cattolicità’. Nel mio gruppo di studio erano presenti parroci provenienti dal Mozambico, dalla Slovacchia, dalla Romania, dagli Stati Uniti d’America, dalla Polonia, dalla Siria, dall’Austria, dal Portogallo, i quali hanno raccontato le loro esperienze, le loro gioie e i loro dolori ‘pastorali’, qualcuno addirittura raccontando la sua ‘quotidianità’ in una zona di guerra. Al termine delle giornate, abbiamo celebrato la Messa in lingua spagnola e in quella inglese e una sera abbiamo celebrato la Divina liturgia in lingua armena. Una bella esperienza di Chiesa universale, quindi, in cui abbiamo potuto toccare con mano che la stessa fede in Gesù viene ancora oggi ‘inculturata’ nelle diverse situazioni esistenziali di tantissimi nostri fratelli sparsi in tutto il mondo.
Il compito che ci era stato affidato è stato quello di definire un primo ‘identikit’, un primo ‘profilo’ di quello che potrebbe essere il parroco ‘sinodale’ del futuro. Abbiamo parlato molto tra noi, anche oltre i momenti dei ‘gruppi sinodali’, durante i pasti, nelle ‘pause caffè’ e in tutti i momenti informali che il programma, abbastanza serrato, ci permetteva.
Le domande che si sono state proposte, erano varie e impegnative, eccone alcune: Quali esperienze di Chiesa sinodale ho potuto fare nel mio ministero di parroco? Quali sono state felici e quali meno? Quale comprensione della sinodalità ho potuto maturare attraverso di esse?
Non ci siamo nascosti le difficoltà, le perplessità personali e quelle che i nostri confratelli e le persone delle nostre comunità parrocchiali ci hanno espresso. Abbiamo portato nella discussione anche i dubbi e le ‘resistenze’ che tuttora permangono in alcune parti del mondo davanti alla proposta sinodale. Ci siamo posti anche altre domande: riguardo alla partecipazione dei diversi carismi, vocazioni e ministeri alla vita della Parrocchia e della diocesi. E ancora, quali esperienze di dinamiche di discernimento ecclesiali abbiamo potuto fare nel nostro ministero di parroco. Ci siamo confrontati sulla necessità, nel nostro ministero di parroci, di ascoltare tutti con profonda attenzione in funzione di una vera e coerente opera di discernimento ecclesiale, discernimento che dovrà diventare la ‘nota’ caratteristica del futuro cammino sinodale.
Domande che hanno toccato la bellezza del ministero di parroco, che hanno mostrato (ed è questa la seconda percezione profonda che mi sono portato via da questo convegno) quanta passione c’è ancora oggi nei parroci, e non solo in loro, nell’annunciare il Vangelo di Gesù e quanto questo Vangelo può diventare veramente la ‘buona notizia’ che porta la felicità a tutti gli uomini.
Nella mattinata del giorno conclusivo, giovedì 2 maggio, siamo stati ricevuti in udienza particolare dal Papa nell’Aula del Sinodo in Vaticano.
Papa Francesco ha raccontato la sua esperienza di sinodalità rispondendo ad una decina di domande preparate precedentemente da alcuni parroci e ci ha consegnato, in modo ufficiale, la Lettera ai Parroci che ci ha chiesto di portare e di diffondere nelle nostre diverse realtà. Ci ha esortato ad essere ‘missionari di sinodalità’ presso le nostre Diocesi di appartenenza e, al termine dell’incontro, ha voluto salutarci uno per uno, incrociando per qualche secondo il nostro sguardo e incoraggiandoci così nel nostro impegno quotidiano di testimonianza del Vangelo di Gesù.
La sinodalità è indubbiamente un ‘cantiere aperto’ e l’obiettivo rimane quello di continuare a confrontarci, a dialogare, soprattutto con coloro che non la pensano come noi, per arrivare a riscoprire questo aspetto fondamentale del nostro ‘vivere’ ecclesiale non come una ‘moda’ che passa, ma come un dato permanente e determinate, come uno ‘stato interiore’ che, una volta raggiunto, rimanga come ‘cifra’ del nostro agire pastorale negli anni a venire.