L’abbiamo desiderato, atteso e alla fine ottenuto questo primo pellegrinaggio diocesano dei giovani in Terra Santa, dal 25 dicembre al 3 gennaio.
Da questi si sono susseguiti tantissimi momenti di grazia di preghiera e di meditazione, tutti dedicati a noi: le celebrazioni dell’Eucarestia a Cana, a Cafarnao nella casa di Pietro, a Betania, paese di Marta, Maria e Lazzaro; a Betlemme sulla mangiatoia che accolse il piccolo Gesù e al Santo Sepolcro, sulla pietra che ne accolse il corpo dopo la crocifissione e la morte. Tante le esperienze toccanti: la veglia di preghiera con i giovani di Nazareth e la recita del santo rosario in più lingue, unanimi nel lodare la Madre di Dio, il rinnovo delle promesse battesimali lì, sul Giordano, dove Gesù è stato battezzato, la sosta nel deserto di Giuda dove Gesù è stato tentato dal demonio e presso la fortezza di Masada, momento di ascolto e di contemplazione; la visita al Cenacolo luogo di grande suggestione dove la Chiesa è nata dalla Pentecoste, ma anche dove Gesù ha celebrato con i suoi l’Ultima Cena. E poi l’emozione di stare sulle rive di quel lago presso il quale Gesù ha chiamato i suoi primi discepoli, o di discendere il monte degli Ulivi e visitarne i luoghi sacri; la commozione di venerare il luogo dell’agonia e poi della crocifissione di Gesù sul Calvario. Sono stati momenti di grande suggestione ed emozione anche la visita alla spianata delle moschee, al muro del pianto, al Memoriale dell’olocausto, lo Yad Vashem: momenti in cui ci siamo avvicinati ancora di più alla cultura e alla storia di Israele.
Perché stare insieme, riuniti nel Suo nome, ci fa essere raggianti, gioiosi e un po’ folli… e di sana follia ce n’è stata tanta in questi dieci giorni, racchiusa simbolicamente in questo elenco apparentemente senza senso, follia senza la quale non sarebbe stata la stessa cosa.
È stata, insomma, un’esperienza intensa sia personale che comune e tanti sono stati i momenti di preghiera, silenzio e riflessione vissuti singolarmente… ma in fondo è stata un’avventura corale, una profonda esperienza di Chiesa in cammino, di comunità che vive e cresce insieme. Così è nata, in fondo.
Ed ora, anche se suona come la solita frase banale, il ritorno a casa è la nostra partenza più autentica. Perché, come Pietro e Giovanni, «noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato», ma possiamo solo andare per il mondo avendo negli occhi la novità dell’averLo incontrato nei luoghi che ha vissuto, sulla bocca un grazie per il dono ricevuto, nel cuore la gioia di essere figli di un Padre che ci ama e di una Chiesa che ci accompagna come una madre.
Aggiungo semplicemente una postilla. Da parte mia un ringraziamento sentito ai giovani che hanno messo tutto il loro impegno per preparare questo viaggio e per viverlo nel migliore dei modi; per l’esempio che ho ricevuto da loro e per il loro entusiasmo crescente e travolgente. Anche per me è stato un pellegrinaggio unico, perché non dovevo guidare un gruppo qualsiasi, ma il futuro della nostra Diocesi e quindi della Chiesa. E sul futuro o ci si investe bene o si rischia di perdere un’occasione irripetibile. Infine non è scontato rivolgere un grazie al presidente dell’Azione Cattolica diocesana, Giovanni Gentili, che ha coordinato (e partecipato) questo viaggio insieme a don Giulio in modo estremamente competente e con grande spirito di servizio alla nostra Chiesa diocesana. Assalammamubarack!