1 Carissimi fratelli e sorelle convenuti numerosi nella nostra Antica Cattedrale di Sovana per vivere il momento grande e solenne dell’ Apertura in Diocesi dell’Anno della Fede! Il Santo Padre Benedetto XVI lo ha voluto indire in occasione della celebrazione dei cinquant’anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, ricollegandosi al grande, indimenticabile, Anno della Fede che il Servo di Dio Paolo VI volle nel 1967 nel diciannovesimo centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo per esortare tutta la Chiesa ad ‘un’autentica e sincera professione della medesima fede’. Anno di grandi sconvolgimenti fu il 1967 che resero ancor più evidente la necessità di una simile celebrazione. Anni di grande transizione i nostri per i quali alcuni studiosi parlano addirittura di Axial Age, ‘Età assiale’, un’età- perno attorno a cui è girato il mondo, che dopo non sarebbe stato più quello di prima, una sorta di giro di boa da cui non si torna indietro; un Occidente assalito dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo, del nuovo ateismo e del nichilismo che hanno prodotto la ‘prima generazione incredula’. Anche nei paesi di antica cristianità “interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della Chiesa, conducendo un’esistenza lontana da Cristo e dal suo vangelo” (GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris Missio 33).Tempi difficili, ma affascinanti, che quasi costringono alla santità, tempi da guardare con occhi e cuore pieni di passione per Dio e per l’uomo, che senza Dio naufraga miseramente; tempi per impegnarsi nuovamente e con entusiasmo nell’annuncio di Gesù Cristo Redentore. L’Anno della fede, è ‘invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico salvatore del mondo'(Porta Fidei, 6); è Lui che ‘ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra’ (in questo Anno n.d.r.) siamo spinti ad un più convinto impegno ecclesiale’per riscoprire la gioia del credere e ritrovare l’entusiasmo di comunicare la fede’ (Porta Fidei,7).
2 La porta. Benedetto XVI ha intitolato la Lettera Apostolica in forma di Motu proprio con la quale si indice l’Anno della Fede ‘La porta della fede’; è un’immagine suggestiva tratta dagli Atti degli Apostoli, dove si legge al versetto 27 del capitolo 14 che Paolo e Barnaba, ‘appena arrivati ad Antiochia riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede’ (At 14,27). Soffermiamoci un poco ad assaporare questa pagina degli Atti, per meglio comprenderla e per esserne più illuminati per vivere intensamente l’Anno che apriamo. Nel brano in questione San Luca ci narra la fine del primo viaggio missionario di San Paolo. La citata città di Derbe, è l’unica città dell’altopiano anatolico dove i missionari non incontrarono resistenza, e si trova a circa 95 km a sud est di Listra. Da Listra si snoda la strada ‘imperiale’ che prosegue ad est verso Antiochia di Siria passando attraverso le porte della Cilicia. Molti di noi non conoscono quel territorio e non avendo una cartina sotto gli occhi torna un po’ difficile realizzare quanto dico ora: ma vi assicuro che potremmo ragionevolmente domandarci perché i due missionari non scelgano quest’itinerario più rapido, che li avrebbe portati in più breve tempo ad Antiochia. Affrontano la strada più lunga! Li guida un altro criterio, quello che guiderà Paolo anche nelle missioni successive: visitare, rivedere, sostenere le comunità cristiane sorte nei diversi luoghi dell’altopiano. È il paziente e amoroso lavoro di implantatio ecclesiae, di fondazione di chiese e di cura pastorale nel tipico stile di San Paolo, lo stesso stile che ritroviamo ampiamente nel suo epistolario. Stile che oggi si ripropone nei viaggi apostolici del Santo Padre nel mondo, nella visita pastorale dei vescovi nelle loro Diocesi, nella cura pastorale dei parroci e dei sacerdoti nelle parrocchie: visitare e sostenere con carità pastorale. La strada più lunga!. Momenti essenziali di questo lavoro di consolidamento e cura sono: confermare, rianimare, esortare, incoraggiare a restare saldi nella fede nella piena consapevolezza che molte tribolazioni è necessario attraversare per entrare nel Regno di Dio: ieri come oggi; in nessun luogo, in nessun tempo e per nessuno, è facile portare alta la bella testimonianza della fede! Gli apostoli designano anche alcuni anziani e dopo preghiera e digiuno li affidano al Signore nel quale avevano creduto. Rientrano poi ad Antiochia di Siria, il punto da cui erano partiti e si conclude così il primo viaggio missionario. Dio ha guidato tutta l’impresa e questo è ben sottolineato da San Luca: in tutto il tempo dell’avventura missionaria ad agire è stato sempre e solo propriamente Dio, gli apostoli sono stati fedeli collaboratori di Dio; nella meditazione d’apertura del Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione tenuta dal Santo Padre, così si esprime: ‘solo con l’iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, poteva essere conosciuto il Vangelo, – noi possiamo solo cooperare – Perciò è importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire – con Lui e in Lui – evangelizzatori’ (08/10/2012). Quanto è importante ricordare questo! Non siamo noi che riporteremo la fede nella Chiesa tiepida e nel mondo freddo e insensibile ai segnali del soprannaturale: noi siamo chiamati a collaborare con il nostro convertirci costante al Signore Gesù Cristo e con l’impegno nella testimonianza della carità. Diciamo no alle strategie ‘vincenti’ e al pelagianesimo pastorale. La Nuova Evangelizzazione, il ravvivare la fede, non è un’operazione di marketing, ma è il frutto dell’azione di cuori penitenti in cui arde il fuoco della missione e che collaborano con Gesù Cristo missionario del Padre, docili allo Spirito Santo. Interessante il seguito del racconto: l’incontro con i missionari reduci non è solo una verifica del lavoro, un bilancio dei risultati, non è solo un ‘rapporto’ -come vuole il diritto giudaico del messaggero- ma una vera e propria ‘celebrazione’ che si sintetizza nella frase ‘Dio ha aperto ai pagani la porta della fede!’. L’accesso a Dio non passa più attraverso i riti e le pratiche giudaiche, ma attraverso la fede, l’accoglienza della salvezza in Gesù. L’accesso a Dio non passa più attraverso mappe scadute di catechesi, devozioni datate, rigurgiti di malinconico passatismo ecclesiastico, ma attraverso l’accoglienza della Parola che sola ha il potere di edificare (cfr. At, 20,32). La porta aperta da Dio ai pagani, al tempo dell’imperatore Claudio e delle missioni di San Paolo è rimasta sempre aperta a tutti i popoli, da allora fino ad oggi. E’ una svolta storica decisiva che conferma quella inaugurata dal fatto di Cornelio (At 10,45;11,18) e che sarà confermata, per così dire, ufficialmente dalla grande prima assise ecclesiale, il Concilio di Gerusalemme. La porta/il portale dei luoghi sacri, per la sua forte carica simbolica, ha avuto in tutte le civiltà una rilevanza grave e solenne per essere stato considerato metafora del cammino spirituale. La porta invita il fedele o il viandante ad introdursi in un luogo separato da quello abituale della convivenza civile proponendogli di entrare in comunione con il Mistero. Romano Guardini, il grande teologo, liturgista, educatore italo-tedesco del secolo scorso, afferma che la porta/il portale della chiesa ‘sta tra l’esterno e l’interno; tra ciò che appartiene al mondo e ciò che è consacrato a Dio. E quando uno lo varca, il portale gli dice: lascia fuori quello che non appartiene all’interno, pensieri, desideri, preoccupazioni, curiosità, leggerezze. Tutto ciò che non è consacrato, lascialo fuori. Fatti puro, tu entri nel santuario’ (cfr. idem, I santi segni, pp.153-155). Il portale indica il passaggio da uno stato interiore ad un altro, venendosi a realizzare in tal modo un processo di separazione, di rottura, necessario per introdursi in un altro stile di vita: andare al tempio, passare la soglia e passare attraverso la porta, questi movimenti indicano, anzitutto, l’idea di una purificazione e di una trasformazione. L’Anno della fede sia per noi tutti occasione propizia per fare memoria del dono prezioso della fede per rinvigorire e riaccendere la nostra adesione al Vangelo nell’età assiale che stiamo vivendo.
3 Il fuoco. Il Santo Padre ancora ci istruisce: ‘C’è una passione nostra che deve crescere dalla fede, che deve trasformarsi in fuoco della carità. Gesù ci ha detto: Sono venuto per gettare fuoco alla terra e come desidererei che fosse già acceso. Origene ci ha trasmesso una parola del Signore: «Chi è vicino a me è vicino al fuoco». Il cristiano non deve essere tiepido. L’Apocalisse ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: che non dica di no, ma un sì molto tiepido. Questa tiepidezza proprio discredita il cristianesimo. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: «Accéndat ardor proximos», che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta’ (BENEDETTO XVI, 08/10/2012). E ancora Romano Guardini incalza: ‘Il fuoco è il simbolo più puro della nostra anima, è fervida vita’Quale simbolo della vita interiore arde in noi la fiamma – dello Spirito’ (idem, op.cit. pp.162-163).
4 Per i meriti e la preghiera purissima della Santa Madre di Dio, la ‘Beata perché ha creduto’ (cfr. Lc 1,39-56); per l’intercessione potente dei Nostri Santi Patroni Mamiliano, Gregorio VII, Paolo della Croce, della Santa della nostra terra Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione, ‘anche noi – circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede’ (Eb 12, 1-2). E divampi luminoso il fuoco della missione in questa terra incantevole e benedetta. Amen!