Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello

PELLEGRINAGGIO DIOCESANO

“Cronaca” fotografica di un felice cammino di comunione

Il pellegrinaggio diocesano a Fatima e Santiago di Compostela

Un cammino che è metafora della vita

Un pellegrinaggio diocesano veramente originale quello conclusosi domenica scorsa, dopo una settimana iniziata a Fatima e terminata a Finisterre, capolinea del «Camino» di Santiago di Compostela.

A Fatima un giorno solo, ma che vale come un intero pellegrinaggio. Inizio di prima mattina con l’intensa Via crucis ad Aljustrel, villaggio natale dei tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco. Clima mite, paesaggio incantevole, silenzio profondo. Preghiera che sgorga spontanea da un cuore lieto e riconoscente verso la «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura», per scomodare Dante, la quale maternamente invia l’angelo a preparare i bambini a ricevere il messaggio indirizzato all’umanità che stava dilaniandosi nella Grande guerra.

Non è vero che noi «piccoli» siamo impotenti di fronte alle guerre volute dai «grandi», perché il Signore è solito rovesciare i potenti dai troni per innalzare gli umili: tre pastorelli ignoranti, su invito di Maria, hanno offerto preghiera e sofferenze per la salvezza del mondo, invitando i cristiani a fare altrettanto. Era il 13 maggio 1917, l’anno dopo la guerra sarebbe finita. Messaggio attualissimo.

Fatima di particolare rispetto agli altri santuari, mariani e non, ha la caratteristica di esaltare in massimo grado la piccolezza, la semplicità, il credere senza vedere. Nel luogo delle apparizioni sorge una minuscola cappellina circondata da una parete di vetro, che custodisce una piccola statua bianca dal volto dolce che trasmette, ispira, infonde tanta materna tenerezza. Per distanziarla, non solo fisicamente, dai due grandi santuari c’è l’Esplanade, una immensa piazza quasi sempre semideserta, dove qualche raro devoto recita il rosario camminando sulle ginocchia, richiamando i pellegrini al messaggio di Maria: «pregate e fate penitenza per i poveri peccatori», che poi siamo tutti noi.

Nel momento della fiaccolata serale, come d’incanto la piazza si riempie di pellegrini sbucati non si sa da dove: brividi di emozione sciolgono i cuori più induriti e, al canto dell’Ave Maria di Fatima, si scorge qualche lacrima di commozione che rende più fervorosa la preghiera.

La Messa mattutina nella cappellina delle apparizioni pone fine al nostro soggiorno: il cuore è già stracolmo di emozioni, di quelle buone, tanto che il pellegrinaggio potrebbe anche concludersi così. Anzi, finisce proprio qui perché adesso inizia il «Camino».

Oddio… non il vero Cammino di Compostela, ma brevi tappe di avvicinamento a piedi, con lunghi tratti percorsi sul pullman.

Così si è camminato, guidati dall’ormai espertissimo don Sandro, circa 12 chilometri da Valenca do Mino a Santa Combra, con attraversamento del ponte di ferro che separa il Portogallo dalla Spagna; dopo la notte trascorsa a Vigo, circa 10 chilometri di erti ed antichi sentieri, resi viscidi dagli scrosci di pioggia che ci hanno «benedetto» per tutto il percorso da Pontesampaio a Pontevedra, dove è stata celebrata la Messa nella «capela de la Virgen peregrina», ricevendo la tradizionale benedizione dei pellegrini.

Il quarto giorno altri 12 chilometri da San Amaro a Caldas de Reis, anche qui con tratti di pioggia, ma in compenso su strade piane fra filari di viti e kiwi, noci e castagni; nel pomeriggio a Pardon, visita e Messa nella chiesa dove, secondo la tradizione, arrivò la barca con i resti di San Giacomo, per poi proseguire in pullman verso Santiago.

Finalmente siamo giunti al culmine del nostro pellegrinaggio, con il tempo di visitare la cattedrale di Santiago in lungo e largo, venerare la tomba di San Giacomo ed abbracciarne, da tradizione, la statua posta in altro sul presbiterio seguendo un apposito percorso. Stupende le scultura lignee di Madonne e santi che invitano alla preghiera, ma veramente emozionante il rito, prima della benedizione della Messa, del «botafumeiro», con l’enorme incensiere fatto oscillare sulle teste dei pellegrini tramite grossi canapi manovrati da cinque addetti, mentre si canta l’inno di San Giacomo. Questo rito viene eseguito quando c’è un gruppo che lo richiede, assumendosene l’onere, quindi non tutti i giorni; nell’occasione è stata la nostra diocesi ad offrirlo ai centinaia di pellegrini presenti alla Messa, all’inizio della quale il celebrante ha pubblicamente nominato e ringraziato la diocesi di Pitigliano  – Sovana – Orbetello.

Cammino finito? Manco per sogno. Occorre arrivare a Finisterre, l’estremo lembo di terra continentale europea prima dell’oceano. Questa volta soltanto quattro chilometri, ma in salita, per raggiungere Muxia, con il faro dove ufficialmente finisce il cammino di Compostela.

Ultima meraviglia, la Messa celebrata a due passi dall’oceano in burrasca, nel santuario di Nostra Signora della  Barca, davanti alla Petra de abatar (la pietra che balla), uno scoglio gigantesco anch’esso collegato al culto di San Giacomo.

Adesso il pellegrinaggio è davvero finito: si torna a casa per riprendere il cammino della vita, anch’esso impervio e agevole, entusiasmante e deprimente, solitario o in compagnia, ma con la consapevolezza di avere una meta da raggiungere, dove ci attende il meritato riposo nella pace del Cielo.