Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello

Relazione finale sul Progetto pastorale diocesano 2011/2016

Nell’ottobre del 2015 mi fu chiesto di dare il mio contributo alla stesura del cosiddetto ‘numero unico’ che da lì a poco sarebbe stato stampato per celebrare l’ingresso in Diocesi del nostro nuovo vescovo, mons. Giovanni Roncari. L’incarico che mi fu assegnato, in qualità di delegato ad-omnia, fu quello di ‘fotografare’ la situazione pastorale della Diocesi, alla luce del Sinodo diocesano e del Progetto Pastorale diocesano 2011/2016. Oltre agli aspetti ‘anagrafici’ che misi in rilievo all’inizio della mia riflessione, subito affermai che sarebbero stati tre i punti sui quali avrei impostato il mio contributo: 1) Linee di ‘lettura’ della pastorale diocesana; 2) L’ esperienza del Sinodo diocesano; 3) Quali prospettive per il futuro. Dal momento che sono chiamato in questa occasione a definire, sulla scorta dei contributi che mi sono arrivati dalle parrocchie, dai Vicariati, dalle aggregazioni laicali e dai semplici fedeli, la verifica del cammino intrapreso in questi ultimi 5 anni, mi sembra doveroso, prima di enucleare i principi scaturiti da questa analisi pastorale, riproporre i primi due punti di quella riflessione, quasi fossero un terreno comune da cui ci siamo mossi e a cui non possiamo non ritornare all’inizio di questo nuovo cammino progettuale.
1) Linee di ‘lettura’ della pastorale diocesana.
Nel testo del ‘Libro Sinodale’, al paragrafo n° 138, intitolato ‘Le caratteristiche della nostra Chiesa’, così si legge: “Si tratta di un territorio assai vasto e assai diversificato per storia, per cultura e anche per dialetti, senza una città che possa fungere da centro di gravitazione, con una densità di popolazione relativamente bassa, specialmente nelle colline e sulla montagna”. Sulla scorta di questa prima riflessione, credo che si possa identificare la prima ‘linea’ di interpretazione pastorale sulla nostra Diocesi che è quella della ‘complessità’, una complessità legata alla differente estrazione culturale delle persone che ne fanno parte, determinata dalla ampiezza geografica del territorio
diocesano che, certo, non favorisce la frequenza dello scambio e dell’interazione, legata, appunto, alla mancanza di un centro ‘cittadino’ che, in altre realtà diocesane, funge da punto di riferimento e da ‘collettore’ a livello partecipativo.
Dal punto di vista pastorale, quindi, questa complessità di risolve nella permanenza di tre zone abbastanza distinte, quella del Mare, quella della Collina e quella della Montagna, le quali, avendo una storia e un tessuto sociale ed ecclesiale fortemente connotati, necessitano di approcci pastorali diversificati e chiaramente contestualizzati. Questo dato di fatto va tenuto in grande considerazione nel momento in cui è necessario definire delle proposte pastorali ‘diocesane’, proposte che non possono non tener conto di questa situazione così variegata.
A fronte, però, di questa complessità, è necessario, a mio avviso, identificare anche un’ulteriore linea di interpretazione che è quella della ‘ricchezza’ pastorale. La constatazione, cioè, che esistono delle differenze di impostazione pastorale, ha prodotto, nel corso del tempo, tutta una serie di iniziative e di proposte (penso, per esempio, all’esperienza delle numerose Aggregazioni Laicali che operano nelle nostre comunità parrocchiali) che hanno permesso alla nostra Diocesi di diventare un vero e proprio ‘laboratorio’ pastorale, in cui vengono cercate vie sempre nuove affinchè l’annuncio evangelico possa arrivare a tutti.
In questo tentativo che portiamo avanti, siamo favoriti, a mio avviso, soprattutto dalla possibilità di avere tra noi (e questa è la terza linea di lettura che proverei a sottolineare) dei cosiddetti ‘rapporti corti’. Il fatto, cioè, di vivere in una Diocesi piccola (almeno dal punto di vista del numero degli abitanti) e il fatto che la stragrande maggioranza delle nostre parrocchie siano poco abitate, ci permette di conoscerci tutti, di avere contatti ‘diretti’ e frequenti tra noi, di sentirci veramente parte di un cammino comune e condiviso, in cui, al di là della differenza del livello di responsabilità personale, tutti abbiamo la percezione di poter dire la nostra e di poter contribuire alle scelte pastorali generali. Questa consapevolezza raggiunse il suo apice in occasione della celebrazione del Primo Sinodo del Terzo Millennio (28 settembre 2003 – 22 marzo 2005) durante il quale, all’analisi della situazione attuale della nostra Diocesi, seguirono alcune scelte pastorali fondamentali sulle quali stiamo cercando di camminare in questi anni e di cui renderò conto nel secondo punto della mia riflessione.
2) L’esperienza del Sinodo diocesano
In precedenti occasioni mi sono soffermato sull’importanza e sul valore (anche e soprattutto ‘normativo’) che ha avuto l’esperienza sinodale per la storia e la vita della nostra realtà diocesana: nelle quattro sessioni sinodali (per un totale di 31 riunioni) si poteva percepire un altissimo livello di partecipazione e un grande entusiasmo che hanno ‘segnato’ profondamente il nostro tessuto diocesano, soprattutto perché si sentiva quanto la nostra Chiesa, così antica e così giovane, fosse viva e volesse con tutte le sue forze testimoniare la gioia di essere ‘di Cristo’.
Da quella esperienza, attraverso il testo del ‘Libro Sinodale’, sono stati elaborati, a livello pastorale, alcuni punti di ‘non-ritorno’, i quali furono sistematizzati, soprattutto, nella proposta del Progetto Pastorale diocesano 2011/2016 ‘Guardare a Lui. Gesù Cristo, Speranza affidabile, anima dell’educazione’ sotto l’episcopato di Mons. Guglielmo Borghetti, il quale ebbe la felice intuizione di coniugare le conclusioni sinodali con gli Orientamenti della Chiesa Italiana per il decennio 2010/2020 in una proposta progettuale di ampio respiro (5 anni) che ci permettesse di camminare tutti nella stessa direzione, con gli stessi strumenti e con le stesse modalità.
Tra questi punti di ‘non-ritorno’, ne evidenzio soltanto tre, che a me sembrano essere particolarmente significativi: a) la scelta della ‘pastorale integrata’; b) la progettualità pastorale; c) il Vicariato come ‘snodo’ pastorale fondamentale.
Sul tema della ‘pastorale integrata’, la riflessione sinodale non ha fatto altro che recepire (vedi n° 164 ‘La collaborazione fra le parrocchie’) la proposta fatta dal documento della CEI del 2004 dal titolo: ‘Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia’ quando, al paragrafo n° 11, si afferma: “Tutte (le parrocchie, ndr) devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente. Per rispondere a queste esigenze la riforma dell’organizzazione parrocchiale in molte diocesi segue una logica prevalentemente ‘integrativa’ e non ‘aggregativa’: se non ci sono ragioni per agire altrimenti, più che sopprimere parrocchie limitrofe accorpandole in una più ampia, si cerca di mettere le parrocchie ‘in rete’, in uno slancio di pastorale d’insieme”. Nell’ambito, allora, di questa scelta di una pastorale ‘comunitaria’, in cui si mettono ‘ in rete’ le risorse umane e spirituali di cui ogni comunità parrocchiale è portatrice e in cui si riconosce che ad una realtà umana in continua mutazione si risponde con una alto grado di apertura e di flessibilità pastorale, ecco che la progettualità diventa non una possibilità, ma una necessità. A questo proposito, nelle note definite ‘Parole chiave’ che troviamo nel testo del Progetto Pastorale diocesano 2011/2016, così si legge: “Fare un progetto pastorale,
seguire un metodo, non è disattendere lo Spirito e tanto meno contrastarne l’azione, ma un modo umano e serio di accogliere l’invito dello Spirito Santo. Dato che il processo di salvezza è un mistero e l’azione dello Spirito è imprevedibile, non resta che, da un lato, riconoscere con umiltà i limiti dei progetti pastorali, dall’altro affermare la necessità di elaborare progetti pastorali aperti e flessibili. Si tratta di avviare quella ‘conversione pastorale’ che ci porta dal fare ‘perché si è fatto sempre così’ al fare illuminato da criteri teologicamente fondati e poi, successivamente, verificati teologicamente e pastoralmente ,acquisendo una mentalità progettuale”.
Infine, tenendo conto della particolare conformazione territoriale della nostra Diocesi, proprio per favorire lo nascita di una pastorale ‘integrata’ e lo sviluppo di una ‘mentalità progettuale’, la riflessione sinodale indicava la necessità (fatta salva l’unità dell’unica Diocesi) di ‘polarizzare’ alcuni tipi di iniziative in ‘luoghi’ pastorali differenziati: due zone (quella di Pitigliano e quella di Orbetello), i quattro Vicariati, alcune aree territoriali e, infine, alcune unità pastorali.
In questa visione, il livello del Vicariato assume, a mio avviso, una grande importanza. Non soltanto perché è lì che devono essere progettate le principali iniziative a livello di catechesi, liturgia, testimonianza della carità, pastorale familiare e pastorale giovanile, ma soprattutto perché è il Vicariato che ha il compito di ‘mediare’ le proposte pastorali fatte a livello diocesano, affinchè queste proposte possa raggiungere più efficacemente ‘quella’ porzione di popolo di Dio in ‘quello’ specifico territorio.
Mi sembra importante, allora, affermare che in questi ultimi 5 anni ci siamo mossi in questo tipo di ambito, guidati e accompagnati dal nostro Progetto Pastorale diocesano 2011/2016, progetto che ora siamo chiamati a verificare. Il lavoro che è stato portato avanti in questi mesi e che adesso cercherò di sintetizzare ha avuto l’obiettivo non tanto di enumerare analiticamente le iniziative portate avanti, quelle proseguite o quelle, magari, che non hanno avuto la possibilità di vedere la luce. E’ vero, nella scheda consegnata a suo tempo erano riportate tutte le possibili iniziative pastorali specifiche consigliate per ogni anno del Progetto, ma la loro funzione era soltanto quella di fungere da punto di riferimento, punto di partenza per una riflessione più profonda, di stampo sintetico, che era, invece, significata dalle 5 piste di riflessione riportate in fondo alla stessa scheda: 1) Riconoscere i risultati positivi raggiunti rispetto alle finalità e agli obiettivi proposti; 2) Individuare i problemi incontrati nel cammino pastorale di questi anni; 3) Scoprire la cause che hanno limitato la realizzazione degli obiettivi; 4) Identificare le scelte di fondo che si impongono per il cammino
successivo; 5) Quali tematiche sono risultate essere più significative e quali possono essere le linee future di riflessione. Nel tentativo di non dilungarmi, procederò anch’io in forma sintetica, lasciando alla capacità di riflessione personale le eventuali ulteriori riflessioni e cercando di raccogliere il complesso delle osservazioni fatte in poche considerazioni, qualcuna di tipo generale, qualcuna, invece, di tipo concreto.
* La riflessione del Progetto Pastorale diocesano 2011/2016 verteva su tematiche inerenti l’identità del cristiano in quanto tale e, di conseguenza, l’efficacia di questo tipo di riflessione è difficilmente osservabile e quantificabile. E’ parso improprio identificare l’efficacia del Progetto meramente con una serie di obiettivi raggiunti. A questo proposito, si è da più parti sottolineato il fatto che questo Progetto ha messo in moto un processo partecipativo, di coinvolgimento da parte del popolo di Dio i cui effetti, magari, potranno essere visibili tra molti anni e che ad oggi è molto complicato ‘dare un nome’. L’impressione, però, è quella di aver intrapreso la strada giusta.
* In non poche occasioni è stata rimarcata la necessità di una vero e proprio cammino personale di conversione: prima di cambiare le strutture, dobbiamo cambiare noi stessi; prima di pretendere di annunciare il Vangelo, dobbiamo farlo nostro e permettergli di cambiare la nostra vita; prima di educare qualcuno, dobbiamo crescere dentro e fare nostre quelle realtà che vogliamo trasmettere. Diceva il poeta Hurtado: “E’ più facile insegnare che educare, perché per insegnare basta sapere, mentre per educare è necessario essere”.
* A questo proposito, è stata rimarcata la necessità di continuare in questa dinamica progettuale. Il progetto è importante, ma è ancora più importante che sia espresso in modo semplice, accessibile, che gli obiettivi proposti siano praticabili, ‘tagliati’ in base alla situazione pastorale in cui viviamo, che le risorse messe in campo (presbiteri, religiosi e laici) siano motivate. E’ fondamentale, a questo scopo, che tutti possano dare il loro contributo in sede di stesura del prossimo Progetto pastorale diocesano, privilegiando una modalità induttiva, che parta ‘dal basso’, ascoltando tutti, modalità, magari, più lenta, ma, certamente, più ecclesiale.
* E’ stata percepita in questi anni una certa difficoltà nell’espletare, da parte degli Uffici Pastorali della Curia, quella funzione di sussidiarietà e di sostegno alle attività parrocchiali e vicariali. In alcuni momenti, sono state proposte delle iniziative che, forse, non tenevano conto della reale situazione delle diverse comunità parrocchiali e vicariali. Al tempo stesso, però, a fronte della dichiarata disponibilità degli Uffici Pastorali a mettersi a
disposizione delle realtà parrocchiali con la loro competenza, questa stessa disponibilità cadeva nel vuoto di un immobilismo pericoloso e senza prospettiva.
* Anche lo spirito di collaborazione tra parrocchie, sottolineato più volte dal Progetto pastorale come essenziale, non si è visto in modo chiaro e, purtroppo, hanno prevalso spesso dinamiche individualiste e autosufficienti. E’ difficile lavorare insieme! E’ a questo livello che si sente più forte l’esigenza di una conversione personale da parte dei presbiteri e dei laici impegnati nelle nostre comunità parrocchiali. Una conversione che, come ha affermato Mons. Galantino, rivolgendosi ai responsabili diocesani degli Uffici Scuola durante il loro convegno svoltosi a Salerno nell’aprile scorso, deve riportare il nostro sguardo fisso su Gesù, per evitare l’”autoreferenzialità” e l’”autopromozione” nella nostra azione pastorale. E’ stata, comunque, evidenziata la necessità di inaugurare (laddove non ci fossero) e continuare (laddove fossero già presenti) dinamiche di collaborazione tra parrocchie soprattutto per alcuni ambiti pastorali specifici (formazione degli operatori pastorali, pastorale giovanile e vocazionale, pastorale della famiglia…). In questo, il Consiglio Pastorale vicariale può fare molto di più e può veramente il ‘luogo’ della collaborazione pastorale.
* Mi piace sottolineare come, in molti dei contributi che mi sono stati indirizzati, siano stati evidenziati, in modo continuo, due aspetti che esprimo con un termine e con un aggettivo: DIALOGO – SEMPLICE. C’è bisogno di dialogare, di riallacciare rapporti e relazioni profonde tra presbiteri e presbiteri, tra presbiteri e laici, tra le varie comunità parrocchiali e la società, c’è bisogno di parlare con tutti e di ascoltare tutti, c’è bisogno di inaugurare quello stile sinodale a cui Papa Francesco ci richiama costantemente e che ha trovato la sua realizzazione più importante nel Convegno Ecclesiale di Firenze del novembre 2015. Semplice, poi, che non vuol dire ‘semplicistico’, o ‘sciatto’, o ‘superficiale’, ma soltanto ‘chiaro’, ‘comprensibile’, ‘attuabile’ e, di conseguenza, ‘verificabile’. Diceva Hans Hoffmann, pittore tedesco vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo: “La capacità di semplificare significa eliminare il superfluo in modo che sia la necessità a parlare”. Gli faceva eco, qualche anno più tardi, il poeta brasiliano Paolo Coelho: “Le cose più semplici sono le più straordinarie, e soltanto un saggio riesce a vederle”. Poniamoci, allora, in questa prospettiva semplice e dialogante ora che abbiamo davanti a noi la possibilità di progettare i criteri pastorali che segneranno il cammino della nostra Chiesa diocesana per i prossimi anni.
Sì, ma come?
Facendo nostri, allora, gli elementi di questa verifica sui 5 anni del Progetto pastorale diocesano “Guardare a Lui. Gesù Cristo, Speranza affidabile, anima dell’educazione”, vogliamo a questo punto riprendere il cammino, ponendoci, prima di tutto, come obiettivo metodologico quello propostoci in continuazione da Papa Francesco, quello di una Chiesa ‘sinodale’. In una delle sue omelie, pronunciate nella celebrazione della S. Messa quotidiana nella Cappella della sua residenza di Santa Marta, precisamente il 28 aprile 2016, il Papa, parlando dello Spirito Santo che sempre sorprende la sua Chiesa, ci ha delineato i passaggi metodologici di una comunità sinodale: “La strada della Chiesa è questa: riunirsi, unirsi insieme, ascoltarsi, discutere, pregare e decidere. E questa è la cosiddetta sinodalità della Chiesa, nella quale si esprime la comunione della Chiesa”.
A questo proposito, allora, il questo anno pastorale 2016/2017, faremo proprio così: ci incontreremo, rifletteremo insieme, ci ascolteremo reciprocamente, discuteremo laddove sarà necessario, pregheremo e decideremo quali saranno le linee pastorali che formeranno la struttura del prossimo Progetto pastorale diocesano 2017/2020. In questo compito, ci faremo accompagnare dalla esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ di Papa Francesco, dalle Relazioni Finali del Convegno Ecclesiale di Firenze, dal testo del Libro Sinodale, dal contributo di riflessione redatto dal nostro Vescovo e consegnatoci nell’Assemblea diocesana di giugno scorso, dagli ulteriori messaggi che ci invierà sempre il Vescovo nell’Avvento e nella Quaresima di quest’anno. Insieme a tutti questi documenti che, lo speriamo, fungeranno come una ‘miniera’ a cui attingere continuamente, utilizzeremo, in modo concreto, tre schede con relative piste di approfondimento, le quali, dopo essere passate al vaglio, nel mese di settembre appena concluso, del Collegio dei Consultori e del Consiglio Presbiterale, verranno usate come strumenti di lavoro per i rispettivi Consigli Pastorali parrocchiali e per le Assemblee diocesane del clero nei prossimi mesi, in cui verrà privilegiata la modalità del ‘laboratorio’, piccoli gruppi in cui tutti abbiano la possibilità di parlare e di dare il proprio contributo. Anche alle Aggregazioni Laicali diocesane verrà chiesto di confrontarsi, nei modi loro propri, con questa schede di approfondimento. Al termine di questo cammino di riflessione e di ‘autoformazione’, tutti i vari contributi scritti, venuti fuori dai suddetti ambiti di incontro e di confronto, verranno raccolti da una commissione preparatoria la quale redigerà e presenterà a tutta la Diocesi, in occasione della prossima Assemblea diocesana del 9 giugno 2017, la bozza del Progetto pastorale diocesano 2017/2020 che in quell’occasione verrà, se necessario, emendato ed approvato dalla stessa assemblea.
Penso che questo possa essere un cammino credibile di Chiesa. A noi viene richiesto di metterci in ascolto dello Spirito, di quello stesso Spirito che, come dice il Papa, “non ci lascia soli” e “ci dà il coraggio, ci dà la pazienza, ci fa andare sicuri sulla strada di Gesù, ci aiuta a vincere le resistenze e a essere forti nel martirio”. Chiediamo tutti insieme, allora, di essere docili alla voce dello Spirito e di iniziare questo cammino nell’umiltà di chi si affida totalmente alla volontà di Dio.
Pitigliano, lì 1/10/2016
Don Luca Caprini
Vicario Generale