Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello

X anniversario della Dedicazione della Chiesa al Pozzarello

Sabato 23 giugno, a dieci anni dalla solenne dedicazione della nuovissima chiesa costruita in località “Pozzarello”, la Comunità cristiana di Porto Santo Stefano si ritrova per festeggiare solennemente questa importante ricorrenza con una serie di appuntamenti che culmineranno nella celebrazione eucaristica presieduta dal nostro Vescovo diocesano Mons. Guglielmo Borghetti alle 19:00 nella medesima chiesa.
 
Il 5 maggio 1999, nella zona del Pozzarello a Porto S. Stefano, in un terreno donato da Busonero Stefano e Antonietta, veniva posta la prima pietra di un nuovo complesso religioso, chiesa canonica e locali di ministero pastorale, intitolato alla Santissima Trinità, destinato al servizio di un quartiere del paese sempre più popolato e interessato ad un notevole incremento turistico, soprattutto durante l’estate. Il 22 giugno 2002 la Chiesa, edificata grazie all’intervento finanziario della Conferenza Episcopale Italiana è stata dedicata con rito solenne alla Santissima Trinità dal Vescovo diocesano Mons. Mario Meini. Adiacente alla Chiesa ci sono i locali di servizio liturgico: la sacrestia, la cappella delle confessioni, l’ufficio parrocchiale e la sala sottostante per le varie attività pastorali e ricreative (conferenze, dibattiti, mostre, proiezioni, ecc.) e alcuni locali di servizio. Completano la struttura la casa canonica e tre grandi aule per attività catechistiche e formative. Il vasto spazio esterno è utilizzato come parcheggio a servizio delle funzioni religiose e per attività ricreative parrocchiali.
La chiesa, progettata dall’Arch. Carlo Boccianti e costruita dall’Impresa Fratelli Rosi, racchiude uno splendido mosaico absidale realizzato da P.Marko I. Rupnik S.J. e dalla sua équipe del Centro Aletti di Roma raffigurante il mistero della Trinità divina che introduce il fedele al cuore della fede e della liturgia cristiana: Cristo Risorto divenuto il tempio vero e perfetto della Nuova Alleanza. L’aula liturgica è ad un’unica navata, a forma di conchiglia, per meglio esprimere e favorire la comunione dell’assemblea e la centralità della celebrazione eucaristica. L’abbraccio con il quale si è avvolti entrando è intenso: la chiesa, volta verso oriente come nell’antica tradizione cristiana, è pensata in modo aperto: la semplicità delle linee, la purezza delle superfici, lo slancio della parete presbiterale e la stessa parete d’ingresso praticamente tutta fatta di vetro danno allo spazio una leggerezza dinamica, un’aria viva, fresca e accogliente. Tutti questi elementi insieme hanno preparato uno scenario ideale per una iconografia della Economia divina che la Santissima Trinità ha compiuto e continua a realizzare nella storia delle donne e degli uomini: perciò si è rivestito la parete del presbiterio con un tessuto musivo dinamico, di una materia luminosa e viva nella quale vengono intessute le poche figure che aiutano a dischiudere ai fedeli il mistero dell’amore del Dio Trino per l’umanità.
 
In alto la mano teofanica di Dio Padre, con la quale già l’antica tradizione cristiana indicava il mistero del Padre. Noi conosciamo il Padre solo attraverso la sua azione, cioè la creazione e la redenzione. La mano è aperta totalmente in modo che vi si possa aggrappare nulla, per indicare che il Padre dona e si dona gratuitamente, senza misura e senza chiedere per sé. Il Padre è assiso nel Mistero impenetrabile, nella luce inaccessibile. Solo il Figlio che è disceso da Lui lo conosce e lo Spirito Santo che scruta le sue profondità ed è spirato da Lui. La sorgente di tutto ciò che esiste, della verità, della santità e dell’amore è Dio Padre.
Sulla stessa linea, più in basso c’è la colomba che discende per simboleggiare la venuta dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, Persona divina che inabita l’uomo è gli comunica l’amore del Padre, rendendolo partecipe della vita divina. La colomba indica l’aleggiare dello Spirito sopra le acque all’ora della creazione, è presente all’ora del battesimo di Cristo e ricorda la Pentecoste, piena manifestazione dello Spirito Santo. La colomba discende in mezzo a fiamme rosse, bianche e oro. Questo vento dello Spirito penetra tutto, vivifica tutto e muove il creato verso ‘cieli nuovi e terra nuova’(cfr. 2Pt 3,13; Ap 21,1). Ma l’azione più straordinaria dello Spirito Santo riguarda la Pasqua del Signore.
Per questo la scena centrale è la Risurrezione di Cristo secondo l’interpretazione figurativa dell’inno di Sant’Efrem il Siro, uno dei più grandi Padri e teologi della chiesa antica. Cristo scende nello Sheol e tira i nostri progenitori Adamo ed Eva fuori dalle tombe per riportarli al Padre. Il mosaico non rappresenta Cristo nell’atto di uscire dalla tomba, ma in quello di sprofondarla. Cristo non esce dalla tomba come uno che si è liberato dalla morte e scappa via. Il Signore infatti non ha vinto la morte per se stesso, come un superuomo: la grandezza della risurrezione di Cristo consiste nel fatto che Egli entra nell’impero del principe delle tenebre che tiene in schiavitù Adamo ed Eva, cioè tutta l’umanità e libera l’uomo dalla morte e dalla paura di essa. Cristo scende, vivo, nelle viscere della terra e nell’impero della morte. Il regno della morte è finito perché ha accolto un vivo. Scende la luce vera, il sole della giustizia che illumina ‘quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte'(Lc 1,79).
Cristo arriva nel suo splendore, egli è la luce venuta per illuminare il legame d’amore che Dio sempre mantiene con tutti coloro che ha chiamato alla vita e sprofonda negli abissi della terra, la terra è scossa e si squarcia affinché essa possa ritrovare la sua verità e servire ad Adamo, non per nasconderlo davanti a Dio, ma per restituirlo a Dio. Tutto il creato, tutta la materia è avvolta e trasformata dalla luce del Risorto. Le tenebre si sono infrante non potendo sostenere la luce assoluta di Cristo.
Egli tende le mani ad Adamo ed Eva. Cristo, seconda Persona della Trinità, si è fatto uomo affinché da uomo mortale potesse scoprire il nascondiglio dell’umanità chiusa in se stessa, incapace dell’amore, dunque della vita eterna, giacché solo l’amore è eterno. Egli ha cercato di dire all’uomo che Dio è Padre e che l’uomo può ritirarsi dalle terre deserte e aride per tornare alla sua casa, dove il Padre lo sta aspettando. Il Risorto prende Adamo per il polso ‘il luogo dove si misura la vita- e lo riporta all’esistenza; si lascia accarezzare da Eva -la madre dei viventi- e ristabilisce con l’umanità intera l’amicizia delle origini. Così comincia il ritorno al Padre. Cristo riprende Adamo ed Eva per riportarli alla dignità di figli di Dio. Perciò tutta l’umanità redenta con Cristo e in Cristo tornerà nel cuore della Trinità, dov’è il vero posto dell’uomo.
 
Tutta la parete absidale è dominata dall’energia vitale dello Spirito espressa dal dinamismo delle linee e dalla varietà e intensità dei colori. E’ lo Spirito Santo che dischiude il senso del sacrificio d’amore: il compimento del sacrificio è la Risurrezione. Tutto ciò che è penetrato d’amore non muore più perché l’amore del Padre dura in eterno. Questo mistero d’amore si compie qui nel simbolo eucaristico del pellicano che ferisce se stesso per nutrire i suoi e che, sulla stessa linea, come ultima scena vicina a noi, si trova sull’altare. Il simbolo del pellicano dischiude la dimensione oblativa, il sacrificio di Cristo attraverso cui Lui raggiunge l’uomo decaduto e morto. Proprio intorno all’altare appare tutta la tensione della salvezza che ha operato la Santissima Trinità. E l’altare significa anche la Chiesa viva, la comunità concreta che celebra Cristo – che lo Spirito Santo rende per noi Signore e Salvatore – che ci presenta al Padre – che lo Spirito Santo rende nostro Padre.
La sede presidenziale insieme all’ambone della Parola sottolineano ancora di più ed evidenziano il senso della Chiesa e della liturgia come processo della divinizzazione dei fedeli, perché raggiunti e coinvolti nell’amore trinitario. A sinistra il tabernacolo con accanto la Vergine Madre in atteggiamento di ‘deisis’, cioè di colei che indica Cristo, in atteggiamento di preghiera con le mani protese verso Colui che, solo, distribuisce le grazie. Il volto della Vergine, il rosso del suo vestito e del mantello richiamano Eva: è lei Maria, la nuova Eva, la Madre di tutti i credenti immagine perfetta dell’orante e della Chiesa stessa che si relaziona a Cristo, che svela pienamente la dignità dell’uomo come un essere orientato, rivolto a Dio. Chi prega rivela questa verità. La Vergine è posta all’altezza del nostro sguardo, i nostri occhi si posano sopra i suoi, ‘umile e alta più che creatura’, dono di Dio affinché ciascuno affidi a Lei le grazie di cui ha bisogno.
 
Tutto l’insieme è un invito a guardare in alto, a contemplare le profondità del mistero trinitario come mistero d’amore e di comunione: questo tempio consacrato al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo sia per tutti il segno del santuario che ci attende, sia uno sguardo sul nostro futuro: ‘Trasfigurati davanti a Dio, mostriamoci a tutti uomini nuovi, donne nuove, capaci di amare e infondere speranza, di stringere anche noi le mani dei fratelli, per sollevarle insieme verso la Trinità Santissima, per dire il nostro grazie, protesi verso la gioia senza fine’ (dall’omelia del Vescovo nel giorno della consacrazione).